Il giallo italiano anni '70 non fu, come molti sanno, solo Dario Argento, ma vide un discreto numero di registi, di diversa matrice ed impostazione, confrontarsi con un sottogenere, o, meglio, con un linguaggio, che garantiva massima libertà espressiva nella scelta delle location, nella fotografia, nella creazione di vere e proprie atmosfere, lasciando magari in secondo piano la direzione degli attori e, particolare non irrilevante, rendendo secondario l'impiego di nomi di primo piano, a vantaggio di caratteristi, giovani esordienti o figure secondarie, senza particolari aggravi di spesa per le case produttrici.
Massima libertà espressiva e basso costo per ottime rese al botteghino furono i fattori che resero questo cinema particolarmente diffuso, quasi la cifra di riconoscimento di un'epoca.
"L'etrusco uccide ancora" ('72) di Armando Crispino (n. 1924), film non troppo noto se non per gli appassionati del genere (tanto che qui accanto non visualizzate nemmeno il poster italiano del film), ben rappresenta la tendenza innanzi enucleata, oltre ad essere un prodotto del tutto dignitoso, addirittura anticipatore di alcune tendenze del cinema giallo/thriller degli anni successivi e, dunque, modello per molti cineasti dell'epoca.
Il film fonde, infatti, elementi soprannaturali e razionali, è ben calato nella realtà italiana grazie ad un fitto richiamo alla nostra storia patria, risulta caratterizzato da un rudimentale - benché efficace - addentellato psicanalitico, e gode di una messa in scena dai tratti onirici, oltre che di un utilizzo consapevole della colonna sonora - e della musica in genere - come elemento che scatena la paura e funge da indiretto protagonista della storia. Si noti, incidentalmente, come i pregi del film siano gli stessi che molti commentatori denotano con riguardo a "Profondo Rosso" ('75), in cui Argento sembra approfondire e migliorare alcune delle più felici intuizioni di Crispino.
Il film racconta di una spedizione archeologica presso alcuni siti etruschi nell'alta Umbria, nei pressi di Spoleto(?) e della scoperta di una tomba sotterranea con raffigurazioni di un dio etrusco cui venivano tributati sacrifici di coppie intente a far l'amore. Sennonché, qualcuno comincia ad uccidere, nei pressi del sito archeologico e nei dintorni di Spoleto, una serie di coppie amoreggianti, seguendo uno strano rituale di vestizione delle vittime, ispirandosi al dio - dubbio di qualcuno - ispirato dal dio, reincarnatosi nell'omicida. Il capo della spedizione archeologica si trova dapprima sospettato di essere l'assassino, poi sempre più coinvolto nella vicenda, in quanto le vittime sono variamente legate alla spedizione archeologica ed alla nuova famiglia della sua ex compagna, composta da uno strano direttore d'orchestra di origine greca e dai suoi accoliti. La spirale di violenza avrà tragico epilogo quando il passato verrà finalmente alla luce.
Da alcuni sopravvalutato ed annoverato fra i capolavori del genere, il film di Crispino risulta particolarmente interessante, sotto il profilo espressivo, per la violenza estrema dei delitti e per il fatto che, cosa insolita, molti di essi avvengono in pieno giorno ed in contesti del tutto anomali rispetto al cinema giallo/thriller (Argento, in "Tenebre", avrebbe preso nota).
Senza anticipare troppo gli esiti del film, è inoltre significativo notare lo stretto rapporto sussistente fra l'azione dell'omicida e l'attività sessuale delle vittime, il che, secondo alcuni, addirittura metterebbe in relazione questo film (o, meglio, l'idea che vi è dietro) con la tipologia delittuale dei crimini del Mostro di Firenze, ovviamente secondo tesi minoritarie relative a quei fatti di sangue ed, in massima parte, fantasiose. Ciò non toglie che il tutto dia una patina inquietante al film.
Le pecche del lavoro sono quelle che più volte si riscontrano in film a basso costo: una certa frettolosità di esecuzione, un utilizzo di attori non sempre credibili nella parte (con un uso spropositato di bellone di turno), qualche incongruenza di troppo nella trama - soprattutto circa il collegamento fra l'azione dell'omicida e le raffigurazioni del dio etrusco - e dei rallentamenti nella fase centrale del film, che rischiano di far perdere il filo della storia, facendo parimenti scemare la tensione.
Nelle incongruenze della trama potremmo, al limite, vedere un implicito segno della ambiguità della storia raccontata e della presenza di effettivi elementi soprannaturali nell'azione dell'omicida, anche se una simile illazione prova troppo e finisce per giustificare quelle che, al dunque, sembrano delle vere e proprie falle della sceneggiatura.
In sintesi, un film più che buono, certamente consigliato agli amanti del giallo all'italiana ed, in ogni caso, a chi voglia avere una piena cognizione del passato del nostro cinema, ahimè irripetibile anche in questi sottogeneri.
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