"Un grande poeta, un poeta veramente grande, è la meno poetica di tutte le creature. Ma i poeti minori sono affascinanti. E quanto peggiori le loro poesie, tanto più attraenti mi paiono. Il solo fatto di aver pubblicato un volume di sonetti di secondo ordine rende un uomo irresistibile." Ovviamente, come del resto tutto quello che Oscar Wilde fà dire a Lord Henry Wotton, anche queste frasi vanno pesate, prese con un po' di grano salis; eppure, basandomi sulle mie sensazioni e soprattutto sulla mia esperienza personale, sono sicuro che racchiudano un innegabile fondo di verità. Parole che mi colpirono profondamente e, per quanto bizzarro (o forse no) possa sembrare, il mio pensiero corse subito ad Alexander Bard, a quello che la sua arte di discutibile rilevanza ed ancor più discutibile estetica rappresenta per me. Questo affascinante personaggio non è solo un compositore/songwriter ma anche una sorta di intellettuale, un filosofo, un uomo di profonda intelligenza e vastissima cultura; sarebbe potuto essere qualsiasi cosa, uno scrittore, un drammaturgo, un musicista "serio", ma la mia impressione è che, se fosse effettivamente andata così, si sarebbe annoiato a morte. E allora si è inventato questi "progetti" a breve scadenza, Army Of Lovers in primis, si è mascherato da D'Artagnan, poi da Hitler, poi da Oscar Giannino (o forse il contrario?); "la naturalezza è una posa, la più irritante che esista", questo sempre secondo Lord Henry, ed è una posa che non è mai apprartenuta ad Alexander Bard, lui preferisce di gran lunga la rappresentazione scenica, crearsi dei personaggi e interpretarli.

Esiste l'art-rock, esiste l'art-pop, ma che dire dell'art-eurodance? Esiste, oh se esiste, ma l'unico a proporla è stato Alexander Bard con gli Army Of Lovers; era partito sul finire degli anni '80 con un singolo apparentemente innocuo, "When The Night Is Cold", Jean-Pierre al piano, La Camilla (senza protesi di silicone) alla chitarra (!?!?) e Alex che canta con una vocina tanto timida e graziosa. Poi è cambiato tutto, "Disco Extravaganza", l'album d'esordio, è qualcosa di meravigliosamente imperfetto, spiazzante e a tratti quasi delirante, mi piacerebbe scriverci qualcosa ma, credetemi, è tutt'altro che semplice; appena un anno dopo, e vale a dire nel 1991, arriva "Massive Luxury Overdose", e con esso la "svolta pop", il boom, propiziato da un singolo (e videoclip) formidabile come "Crucified". MLO in sè non è il lavoro migliore dell'Armata, che darà il meglio con i successivi "The Gods Of Earth And Heaven" e "Glory, Glamour, And Gold", ma nella sua tracklist, accanto a qualche episodio ancora un po' fuori fuoco e troppo anni '80, presenta degli apici straordinari: "Crucified" appunto, poi le versioni definitive di "Supernatural" e "My Army Of Lovers", "Candyman Messiah", "Walking With A Zombie" e, soprattutto, "Say Goodbye To Babylon".

Testamento di Alexander, libro I, capitolo II, versetto VIII: "Say Goodbye To Babylon". Ebbene si, la musica di questo figuro non è solo una droga ma anche una religione, il continuo richiamarsi ad un immaginario para-spirituale è una delle componenti più caratterizzanti del suo stile, e questa canzone ne è uno dei tanti esempi, e poi suona decisamente meglio che dire "Say Goodbye To Babylon" è l'ottava canzone di "Massive Luxury Overdose", secondo album degli Army Of Lovers, la sua prima creatura musicale. Ormai l'ho detto ma fa niente, vai con la ridondanza, anch'essa in perfetto stile Bard. Già, ma cos'è lo stile Bard? Un'interessantissima materia di studio, sia dal punto di vista della composizione che del songwriting. Come compositore mi viene spontaneo associarlo a Jim Steinman, entrambi allergici al concetto di sobrietà, entrambi amano proporsi per interposta persona, rimanendo a tirare le fila da dietro le quinte, entrambi artefici di un proprio trademark inconfondibile, ottenuto estremizzando stili già esistenti. Un testo di Alexander Bard si riconosce a prima vista, come tutti i parolieri ha i propri clichès; se trovate richiami alla religione o all'occultismo mischiati a massicce dosi di edonismo e sensualità e una spiccata tendenza alla citazione più o meno colta nonchè all'autocitazione, magari con qualche occasionale intermezzo in francese o in ebraico allora non potete sbagliarvi, è sicuramente opera di Alexander Bard.

La canzone in sè? Solenne e malinconica al tempo stesso, ovviamente in una maniera splendidamente kitsch: La Camilla, padrona assoluta della scena, si trova perfettamente a suo agio nelle vesti di una peccaminosa abitante della città corrotta che ne piange la caduta, rievocandone nostalgicamente gli antichi fasti, il refrain corale conferisce slancio e solennità, rendendo "Say Goodbye To Babylon" una sorta di riflesso e parodia del "Và Pensiero", un accostamento agghiacciante, blasfemo, e tutt'altro che casuale: Alexander Bard aveva in mente proprio questo parallelismo, ne sono certo. "Xerxes tore every wall apart, left our home with a broken heart, blood in Euphrat but life goes on, say goodbye to Babylon. Life was good in the site of life, all that's left is eternal strife, baby's riding a neuton bomb (immancabile autocitazione), say goodbye to Babylon". La triste fine dell'età dell'oro, ma non tutto è perduto, Alexander Bard e i suoi degni associati si propongono di tramandare l'eredità e lo splendore di questa utopia perduta. Babilonia appartiene a un immaginario biblico, di enorme potenza evocativa, e ognuno lo interpreti come preferisce, ognuno sia libero di addentrarsi nel Mistero come meglio crede, lungi da me elevarmi a "tramite", però, considerando il periodo storico, l'intuizione che mi viene più immediata è un riferimento al decennio appena trascorso, gli anni '80. L'accostamento eighties/Babilonia, la Grande Meretrice, l'origine di tutti mali e di tutti i vizi, trionfo della corruzione, ha sicuramente un potenziale stuzzicante, in chiave ironica o semiseria.

Di sicuro "Say Goodbye To Babylon" è stato un punto di svolta per Alexander Bard, questa canzone è uno dei primissimi episodi in cui ha sperimentato un livello di composizione completamente slegato dalla dance in generale, dando forma ad un immaginifico art-pop dalle fortissime connotazioni kitsch; non trash badate bene, AB è un eccelso produttore anche di consapevole e spensierata monnezza ma non in questo caso; SGTB, poi il suo ideale sequel "The Day The Gods Help Us All", o ancora "The Ballad Of Marie Curie","You Come A Long Way Baby" e infine l'album "The Plutonium Cathedral" dei Vacuum, l'incarnazione immediatamente successiva agli AOL, rappresentano l'apice visionario della sua opera, un'opera a cui, in un senso o nell'altro, è veramente difficile rimenere indifferenti e che per essere compresa pienamente richiede un approccio molto più attento e analitico di quanto possa apparire; per Alexander Bard le apparenze sono importanti, ma in fondo solo come pretesto.

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