La sigla Arpanet riporta alla obnubilata memoria la primigenia fattispecie di rete digitale ma nel caso specifico è analogo di una tra le molteplici raffigurazioni acustiche dietro le quali si cela tale Mr. Gerald Donald: utopista, inafferrabile, fine cesellatore di futuristiche suono-textures, dapprima in compagnia dell'altrettanto audionario (da qualche anno, ahiLui, "non più della partita") James Stinson, coniando molteplici e scarsamente sdoganabili elettro-progettazioni pre e post-Detroitiane (Drexciya su tutti) a partire dagli albori degli anni Novanta.

Dopo aver fattivamente contribuito alla ri-animazione della indocile scena techno-elettro & plurimi derivati, l'imperscrutabile Geraldo realizza nell'ultimo decennio, in ascetica solitudine e nel più completo isolazionista isolamento, una serie di progetti e relativi [taluni dei quali semplicemente indispensabili] lavori sotto molteplici et inusitati pseudonimi: tra i meno ignoti annoveriamo per specifiche qualità intrinseche Japanese Telecom, Dopplereffekt, Der Zyklus e, appunto, Arpanet: entità completamente refrattarie a qualsivoglia tentativo e tentazione di (impura) sound-contaminazione esterna se non integralmente "out" dal panorama neo-elektroniko pseudo-contemporaneo. In questa integerrima direzione va interpretato il lavoro promulgato in conchiusura della appena trascorsa annualità: la Parigina Record Makers espone alla solare luce il terzo, finora celato satellite della galassia Arpanet, il quale vede il Nostro perseverare nella "abituale", digitale e sfuggente logica suono-innovatrice, formulando concretamente e per la ennesima volta, un costrutto tanto scontrosamente futuribile e impermeabile quanto solidamente intrigante anche per chi non si cimenti abitualmente in cotante ardite suono-filosofie e inusitate tipologie espressive.

Totalmente anomalo nelle raggelanti scansioni sintetiche e nelle (spesso) inaudite architetture sonore intraprese: tra i copiosi lapilli positronici sventagliati nella acuminatissima "Zero Volume" e l'antigravitazionale space-mirroring siglato "Twin Paradox" ci si trova innanzi à schegge letteralmente fuorvianti; frammenti costituiti da suono-logiche inedite eppure solidamente credibili nella loro totale autoreferenzialità ("Schwarzchild radium"). Paradossali/grottesche voce-manipolazioni ("Grossvater Paradoxon") sommariamente riconducibili ad una "Counter Geiger" del quarto (tanto è avanti) millennio, la sferzante incompromissorietà ultra-robotica inscenata nella sibilante e clangorica "Axis Of Rotation" e nella vivida industrialità trattenuta in "No Boundry Condition" oltrechè nelle scorbutiche scariche elettrostatiche profuse in "Chandrasekhars Limitfrattale", riconducono ben aldilà di qualsivoglia artificiale roseo-plumbea previsione.

Ralf Hutter e Florian Schneider, subliminali padri putativi e isipiratori principe di coraggiose opere come quella presa in esame, mi chiedo, persevereranno indomiti nell'evanescente muzaq-feticcio elettropop-revanscista di tre anni or sono ? In the meantime rinsaldiamo le elettro-speranze con costui: in futuro si vedrà.

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