A dispetto del suo valore, tra i musicisti del jazz moderno Art Pepper – sax alto e più raramente clarinetto - non è oggi molto noto. Il suo periodo di attività è il trentennio tra il be-bop di fine anni quaranta e l’avvento della jazz-fusion e questo ARTWORKS del 1979 testimonia l’ultimo dei suoi innumerevoli “ritorni” dopo un soggiorno in carcere per questioni di eroina. Il materiale in realtà fa parte di una serie di registrazioni per l’etichetta Artists House, del suo amico produttore John Snyder, a comporre quattro dischi (oltre a questo: “So In Love”; “Stardust” e “New York Album”) successivamente ripresi ed editi dalla Galaxy qualche anno dopo.
Una lunga introduzione per arrivare al sodo di questo disco che ci regala sei brani di grande fattura (cinque standard e uno suo - «Blues For Blanche» - qui in versione alternate take) per un Art Pepper davvero in stato di grazia. L’eccezionalità del trio che l’accompagna (il prediletto pianista George Cables assieme a due colossi della ritmica come Charlie Haden al contrabbasso e Billy Higgins alla batteria) offre una solida base di lancio alle liriche impennate del suo sassofono. Interessante l’insolita variante di un agilissimo clarinetto per l’esecuzione di «Anthropology», un classico tagliente e vertiginoso che ci rimanda al primo bop, qui proposto senza il pianista. All’estetica bop ci rimanda ovviamente anche il parkeriano «Donna Lee», eseguito in formazione regolare e con Pepper all’alto, mentre «Desafinado» profuma – manco a dirlo – di bossa nova e però pure di un’elegante routine, così come questa versione di «Blues For Blanche».
Dulcis in fundo: le due prove di Art Pepper al sax solo senza accompagnamento. Uno straordinario «Body And Soul» che è qui il pezzo di apertura e poi «You Go To My Head» sono due creazioni solitarie, dense – a mio modo di vedere - di un eccezionale feeling poetico: davvero due pezzi d’antologia che non temono confronti con i più celebrati solo-performers del jazz contemporaneo.
In conclusione, “Artworks” è un album che non sfigurerebbe in ogni discoteca. Tuttavia la versione in CD che vedo proposta adesso (su Amazon) contiene quasi altrettanti pezzi bonus che gli originali, ma sono tutti doppioni alternativi che sinceramente non mi paiono indispensabili. Quindi, per chi volesse approfondire Art Pepper, tanto vale ascoltarli in streaming e magari spendere qualche soldino per acquistare i due dischi che sono già stati recensiti (piuttosto bene) qui sul DB: l’uno “Today” del 1978 e dunque di poco precedente queste sessioni e l’altro “Art Pepper Meets The Rhythm Session” del 1957 che è probabilmente il suo capolavoro.
Buon Art Pepper a tutti!
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