Gli Art Zoyd e gli Univers Zero rappresentano le più belle risposte agli Henry Cow. Un miracolo.

Artisti francesi preparatissimi che mostrano dagli anni Settanta la veste più radicale, anticonformista, pittoresca e funambolica della nazione. Progetti instancabili, indipendenti dalle mode, nature artistiche nate dagli spartiti e non da un tavolo di un'etichetta discografica. Un pò come il Canterbury Sound. Tolti quei quattro stili, generati soltanto dale mode, esisterebbero esclusivamente il jazz e l'avanguardia. Perchè mi piace pensare, o illudermi, che un'artista nudo e crudo può generare solo che free form, jam e bellezze simili.

L'evidenza sta nell' infinita produzione degli Art Zoyd. I favolosi e incontaminati strimpelli di "Symphonie Pour Le Jour Ou Bruleront Les Citès" e "Musique Pour L'Odyssèe" maturano a dovere la mastodontica e grandguignolesca idea di "La Ville" di "Generation Sans Futur" del 1980.

Nel 1984 generano il balletto oscuro, medievale e stralunato di "Phase IV". L'incipit "Etat D'Urgence" ci mostra subito questa scorribanda sinfonica. Un'ascensione verso un severo limbo dove si scrutano i peccati dell'uomo e le punizioni divine. Una strada parallela a quella della vita quotidiana, dove non esistono fenomeni naturali, ma soltanto buio e solitudine.

Quattordici minuti di confessione della propria anima con questa instancabile musa sonora. Sputa note con una disarmante naturalezza, la quale più di una volta ci fa domandare la natura del motore generatore. Non è un umano dietro lo strumento. E' una voce profetica, mistica che si insinua dentro di noi.

Anche se non si riesce a seguire ogni melodia notiamo di essere investiti da un flusso di ambienti che plasmano il nostro cammino incerto. Minimalismi, sali e scendi e accenti gravi si susseguono nei brevi passaggi che preparano l'altro momento clou, "La Nuit". Con questo brano si arriva alla conclusione del nostro stream of consciousness, che ha raggiunto ormai la modalità ad infinitum. Trombe, violini e piano sembrano non voler affondare eccessivamente e si concentrano in una carezza sussurata al nostro spirito. Si è al limite della musica concreta e di Ligeti.

Un finale che ci tiene sospesi sulle note del pianoforte, attendendo la sentenza divina, seduti sul limbo del pensiero e dei misteri dell'universo.

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