Tra le rock band della prima ondata "psych-rock" inglese, gli ART rimangono tra le mie favorite, soprattutto per esser stati tra i primi a spingere il genere oltre il blues elettrico ed il beat all'orizzonte di certi sperimentalismi (hard) del pop-rock a venire e con molte graditissime strizzatine d'occhio alla "scena acida" statunitense del periodo. Parlando del loro unico album, "Supernatural Fairy Tales", non potrò esimermi dal menzionare sia i The VIPPs che gli Spooky Tooth. La formazione alla base, almeno cronologicamente parlando, era la medesima e mi si vorrà perdonare la lungaggine ma il disco recensito per un quark temporale di nemmeno un mese avrebbe potuto figurare come la prima uscita in LP degli Spooky Tooth.

Tutto ebbe inizio nell'autunno del 1963 quando nella cittadina di Carlisle (UK) gli amici James Henshaw (piano), Frank Kenyon (chitarra), Walter Johnstone (batteria), Greg Ridley (basso) e Mike Harrison (voce) misero in piedi un complesso inizialmente amatoriale che vollero chiamare V.I.P.'s- Per pura casualità vennero notati durante un concerto di dilettanti da un talent scout della RCA che li convinse a seguirli in quel di Londra. Nella capitale ebbero modo di far esaltare la loro viscerale passione per la musica e perché no, anche le doti innate ai rispettivi strumenti, soprattutto dal vivo ma anche in sala d'incisione, ben sei i singoli pubblicati tra il 1964 ed il 1967. Il genere proposto durante questa prima fase rimane tuttavia una buona imitazione di quanto stavano già facendo gli Yardbirds. All'inizio del 1967 il produttore Guy Stevens notò che il sound della band si spostava mano a mano verso qualche cosa di diverso, una strana combinazione di suoni rudi, molto possenti e soprattutto non più legati al "nuovo blues elettrico bianco" ma inclini al soul moderno e all'acid rock di certa psichedelia d'oltreoceano. Iniziò in codesto modo la lunga collaborazione con il noto produttore che li propose alla Island Records che stampò immediatamente l'ultimo singolo a nome V.I.P.'s- Nel frattempo però la formazione aveva subito defezioni importanti e per l'ultima stagione dal vivo con l'originale nomea il gruppo si riassettò con Mike Harrison e Greg Ridley, unici superstiti, e con l'aggiunta del chitarrista Luther Grosvenor, del batterista Mike Kellie e del tastierista Keith Emerson. Tempo alcuni mesi ed Emerson se ne andò per formare i Nice, i V.I.P.s rimasero senza tastierista proprio in un momento cruciale e cioè l'ingresso in sala d'incisione per le registrazioni di un vero e proprio long playing. Sempre Stevens li introdusse in contemporanea nel circuito artistico-musicale della boutique Granny Takes A Trips facendoli collaborare con la sperimentale Hapshash & The Colured Coat per la realizzazione dell'album The Human Host & The Heavy Metal Kids. Inoltre proprio durante gli allucinogeni meeting di cui sopra convinse i V.I.P.'s a cambiarsi il nome a suo parere troppo legato al passato spronandoli durante le sessioni di registrazione ad osare e a spingersi tranquillamente oltre.

Alla fine del 1967 l'album degli ART è pronto per la distribuzione, tuttavia la formazione ha nuovamente cambiato nome in seguito all'arrivo del tastierista Gary Wright; da adesso saranno gli Spooky Tooth, una delle più creative rock band inglesi nel periodo di trapasso tra i '60 e i '70. "Supernatural Fairy Tales" essendo uscito in dicembre del '67 viene purtroppo oscurato dal successo del primo singolo Sunshine Help Me a nome Spooky Tooth, editato in gennaio del '68, poco dopo è la volta dell'album "It's All About" e il quintetto ormai nel vortice del successo insperato tralascia il lancio di "Supernatural", come peraltro farà la stessa Island. In questo modo un mirabile capolavoro venne oscurato dagli eventi e da un processo di crescita artistica che pur portando alla maturità il duo Harrison-Ridley perse un fondamentale pezzo per strada. Analizzato infatti come opera di trapasso tra l'ingenua bravura dei V.I.P.'s e la genialità degli Spooky Tooth, "Supernatural" rivela un'anima essenzialmente freak contrassegnando un punto di non ritorno anche per la stessa Island, da questo album in poi difatti l'importante major s'interesserà sempre più ai nuovi fermenti giovanili da prima in campo psichedelico e di seguito nel progressive. 

"Supernatural" si apre con una delle ultime concessioni alle sonorità provenienti dalla scena inglese, il brano "I Think I'm Going Weird", un chiaro e indiavolato omaggio al "pazzo mondo" di Arthur Brown e Vince Crane. Di ben altro registro l'ossessiva "African Thing" con un forsennato intermezzo tribale dove la bravura del batterista Mike Kellie trova libera espressione grazie ad un lunghissimo assolo. Tra momenti acidi ed intransigenti ("Rome Take Away Three" e "Room With a View"), deflagrazioni hard rock vicine allo sviluppo psichedelico dei Blue Cheer con qualche impercettibile innesto cosmico all'organo ("Brothers, Dads & Mothers" e "Supernatural Fairy Tales"), momenti cupi di pace apparente ("Love is Real"), situazioni astrali legate agli oppiacei (Flying Anchors) e brevi passaggi chiaramente inspirati alla ballata psichedelica anglosassone ("Alive Not Dead" e "Talking to Myself"), trovano spazio addirittura un paio di cover: un successo dei Buffalo Springfield, ottimo riadattamento di "What's That Sound", e una versione lanciatissima ormai fuori da ogni canone rock ‘n' roll di "Come on Up" dei Rascals.

Il disco come si comprenderà è un calderone multiforme, un insieme sfaccettato di varie influenze rielaborate da una formazione con tutte le carte in regola. Sebbene le multiproprietà fila liscio dalla prima all'ultima canzone senza momenti di noia ed anzi cattura indistintamente quanti dal rock ricercano potenza, ritmo e idee fresche all'interno di un genere, il rock psichedelico inglese, che aveva abituato l'ascoltatore medio a strutture troppo composte. Decisamente da rivalutare per quei pochi che non l'avessero ancora fatto.    

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