"Arthur è uno dei più sorprendenti
ed enigmatici compositori degli anni 70 e 80...
grazie a dischi come questo gli appassionati
della buona musica avranno modo di scoprirlo da soli"
P. Glass
Esistono personaggi alquanto ambigui e trasversali nel mondo della musica, di cui si sa gran poco e quel poco è spesso incompleto o sfalsato salvo poi venir menzionati e pubblicamente ringraziati da veri e propri Mostri Sacri (vedi P. Glass) che ne risollevano i fasti e ne rilanciano le quotazioni.
Di questo Arthur Russell, si sa pochino se non che bazzicava nel giro alternativo tra i 70 e gli 80 spaziando tra i generi più disparati: dalla "disco" fino ai primi esperimenti di house elettronica per arrivare a musiche prettamente sperimentali, minimaliste e "dissociate" come i dischi "World Of Echo" e "Another Tought" o come le musiche contenute in questo doppio lavoro celebrativo uscito da pochissimo dalla Rough Trade e intitolato "First Thought Best Thought".
Il primo cd contiene brani inediti e chicche abbastanza rare racchiuse sotto il titolo di "Instrumentals volume 1" mentre "Instrumentals Volume 2" racchiude brani pubblicati in origine nel 1984 da Le Disques Du Crepuscule.
Definire queste composizioni "geniali" è già di per sè impresa coraggiosa e per certi aspetti discutibile, in quanto queste arie sghembe "al limite dello stonato" suonate da pochi strumenti per lo più orchestrali, ci restituiscono un artista completamente fuori da ogni logica e metrica comunemente adottata da artisti occidentali. Sarà quel retro-sapore indiano che si ascolta nella prima traccia, ipnotica e suggestiva quel tanto da fissarsi nella testa come una mantra ancestrale di natura extra-terrena, sarà per quel modo di suonare "modale" e "polifonico" straniante e poco orecchiabile benché si strizzi l'occhio (e l'orecchio) ad atmosfere da "simil-Beatles orchestrali in pieno trip lisergico", fatto sta che queste composizioni (suonate per lo più in accordi minore su scale orientali) si librano come strane creature senza sesso o bandiera e non ci mollano più (ascoltare il minimalismo disallineato di "Reach One" che fa vibrare percussioni riverberate su basi suonate da 2 piani Rodhes del tutto aliene e inclassificabili).
Il secondo CD recupera "Tower Of Meaning", una lunga suite quasi dispersa e praticamente introvabile con musiche più ostiche e difficili, arrangiate in maniera forse più pomposa e monotona, seguita da "Sketch For The Face Of Elen", una composizione inedita che paga il debito a Philip Glass (appunto), Terje Rypdal e al minimalismo più pesante e di maniera.
Insomma, se ne esce stremati da questo ascolto di oltre 2 ore che poco o nulla concede alla "facile presa" e alla "piacevolezza dell'ascolto" tutto teso nel creare trame cristalline e tortuose che, superate la prima parte di magnificenza e fascino, finiscono alla lunga per stancare, creando quel fastidioso e imbarazzante senso di "tappeto sonoro" noioso e il più delle volte fine a se stesso.
Un doppio lavoro che poteva tranquillamente esser condensato in un unico disco (forse meno dispersivo e più raccolto) e che nella sua "mole" risulta in molti passaggi sfibrante e faticoso benché, almeno 4/5 tracce del primo cd valgono l'intero costo!.
Genio o no, questo Russel merita comunque un attento ascolto (soprattutto il primo CD più ispirato e piacevole) ma mi raccomando... sempre a piccole dosi.
Bau Bye!!
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