"Quando ci si accorge che l'avversario è superiore e si finirà per avere torto, si diventa offensivi, oltraggiosi, grossolani, cioè si passi dall'oggetto della contesa (dato che lì si ha partita persa) al contendente e si attacchi in qualche modo alla sua persona [...] Questa regola è molto popolare poichè chiunque è in grado di metterla in pratica, e quindi viene impiegata spesso"

Non fà una grinza.

Ma anzichè elaborare un campionario di epiteti semplici e diretti, chessò, come qualche parolaccia colta inventata di sana pianta, qualche massima irresistibile da pronunciare in ogni occasione, ecco che il buon Sciope se ne esce con 'ste vaccate da filosofo esaltato che ci metti una vita a dirle a voce, con conseguente sbadiglio e/o risatina del nostro contendente. Che poi più che insulti "occasionali", sono vere e proprie accuse personalispesso e volentieri razziste, ad esempio contro le donne o gli ebrei o contro determinate e presunte classi sociali "inferiori". C'e da dire che questo libretto è una pubblicazione postuma, fatta di assemblaggi di vecchi scritti dimenticati e/o scartati dello Sciope, certamente non destinati alla pubblicazione di un "campionario". Resta il fatto che sono cose messe nero su bianco, e quindi, presumibilmente, cose che lo Sciope pensava sul serio.

Libretto comprato, letto (più che altro sfogliato), usato come fermacarte, prestato, non più riavuto...meglio così, non era niente che. Tutte stronzatine (per quel che mi ricordo). Il problema di fondo è l'essere prolissi: "l'arte" dell'insulto (per quanto di per sè insulsa -vedi la giusta prefazione-) dovrebbe essere incisiva, decisiva, sfrontata, imprevedibile ma assolutamente non prolissa, che sennò perde tutto il suo valore.

Hai capito Sciopenà?

 

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