Un suono onomatopeico associato a un arresto, a un fuori servizio a un guasto. Oggi forse verrebbe qualificato più causticamente con un bel crash, out of service in un'era dai facili inglesismi.
"Tilt" lo ritrovi bello ristampato sugli scaffali come se fosse un banale recupero della serie "ripeschiamoli", ma per fortuna ci trovi una bella didascalia nello scaffale di Feltrinelli che chiarisce il valore del prodotto. Gli Arti e Mestieri dicono a molti poco, ad altri e in particolare agli amanti del jazz progressive di metà '70 italiano sono più di un amarcord felliniano, rappresentano un momento di alta espressione culturale antagonista. C'è una forte differenza però tra loro e gli Area del compianto Demetrio o ancora il Banco del Mutuo Soccorso. In "Tilt" prevale sempre e solo la musica, le suite strumentali zappiane con gli inserti di vibrafono, la "lotta" è sostenuta sul pentagramma, mai sulle parole e sui proclami. Non troverete nulla che richiama il "Non mi rompete liberatorio" del Banco, in cui Francesco Di Giacomo chiedeva di lasciare scendere il silenzio perché "io dorma questo sogno", o la "Mela di Odessa" degli Area in cui si invocava il diritto alla libertà di arbitrio e giudizio al guardare oltre, o ancora su "Gioia e Rivoluzione" dove il confronto è militare nel senso che "il mio mitra è il contrabbasso".
Il fascino è sempre lo stesso: immagini in bianco nero ("Positivo e Negativo"), capelli lunghi e baffoni con il pugno chiuso. In alcuni momenti, mi è sembrato addirittura anticipatorio di certi movimenti dei'90: il post rock dei Tortoise in particolare, ma comunque su tutti rimane il Zappa più sinfonico, ma anche allo stesso tempo i King Crimson. Prendetelo questo album e ascoltatelo in sequenza senza soluzione di continuità. E' concept nel senso che ogni cosa è al suo posto, suonato divinamente con una batteria mai pestata lavorata sempre sul rullante (Furio Chirico è stato il primo batterista italiano a partecipare al Modern Drummer Festival), con grande maestria nel dosare tutti gli ingredienti. Non è chitarristico, non è solistico, è semplicemente un grande album di progressive colto che vuol far sentire la sua anima operaia, quella della Torino impegnata a fronteggiare la lotta di classe, dove l'espressione di un arte è già divenuta mestiere.
E' un album anarchico, nel senso che non ha limiti espressivi ma nello stesso non indulge a divagazioni gratuite, dove le "Articolazioni" (il pezzo più lungo dell'album) stilistiche si congiungono.
Un album che entra di diritto nella storia della musica italiana.
Carico i commenti... con calma