Chi se lo scorda “Fear Of Tomorrow”, quel debut album che, come un fulmine a ciel sereno, presentò al mondo la nuova realtà danese, gli Artillery? Io no di certo. Così come i successivi dischi fino all’ultimo “B.A.C.K.”, nel quale, la band, riuscì a trovare quel perfetto connubio di potenza, velocità e tecnica che mancava, notevolmente, nell’esordio pirotecnico basato, esclusivamente, sulla velocità e la voglia di spaccare il culo a tutti.

Poi il nulla. 10 anni sono passati e mi ritrovo tra le uscite discografiche di luglio e agosto questo “When Death Comes” firmato Artillery.

La domanda è lecita: saranno gli stessi che ho lasciato dieci anni fa, dispersi nel nulla? Questione supportata dal fatto che, la band, si presenta al pubblico anche con un nuovo singer, tale Soren Nico Adamsen.

A questo punto l’unica cosa sensata da fare è ascoltare e poi giudicare.

Ma che ve lo dico a fare…. Sono sempre loro, sempre gli Artillery! Avranno pure un nuovo cantante ma che cantante! Decisamente un sound più maturo e una produzione molto più laccata che non fa altro che mettere in risalto la potenza della band. Una potenza che pare gli Artillery avessero tenuto in caldo tutta per noi, per farla esplodere in questo full lenght.

Mica cazzi. Qui c’è thrash metal suonato e cantato con l’utilizzo dei famosi controcazzi, i gioielli di famiglia dei thrashers old school che non si perdono dietro i trend o sperimentazioni varie ma preferiscono suonare quello per cui sono nati e venuti al mondo.

E se l’opener è già un ottimo biglietto da visita, la successiva “Upon My Corss I Crawl” ci mostra una band in pieno stato di grazia, con un signor singer sempre sugli scudi e le chitarre impegnate a sfornare riff micidiali, con la tipica distorsione da “artiglieria pesante” cui la band ci aveva deliziato sin dagli esordi.

Non più velocità sparata a 1000 solo costantemente, ma più riflessione e meditazione verso la costruzione di quella che è la “forma canzone”, onde rendere il tutto ancora più bello e gustabile.

Melodie devastanti, ottimi mid tempo (“Damned Religion”), assoli eseguiti al fulmicotone e una sezione ritmica decisamente vincente fanno di questo disco un ottimo prodotto per questo 2009 inflazionato da uscite merdografiche (non mi perdo in inutili nomi… chi capisce, capisce).

Ben vengano le reunion e ben vengano gli Artillery che tra song graffianti, rabbiose e veloci (come la meravigliosa “Not A Nightmare”, una delle più belle del lotto assieme alle micidiali “10.000 Devils”, “Sandbox Philosophy” e la pirotecnica “Rise Above It All”) riescono ad inserirci anche una semi-ballad, costruita su degli ottimi arpeggi acustici nella quale, la parte da leone, è sempre affidata al neo singer che mette in mostra tutta la sua versatilità e duttilità nell’utilizzo delle proprie corde vocali.

A questo punto dovrei (forse) avervi convinto. Almeno spero.

Che dire metallarozzi miei tutti (con un occhio di riguardo alle metallarozze)…. L’artiglieria è tornata, più distruttiva che mai!


Sayonara!

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