Ascoltare questo EP e l'episodio conclusivo della loro carriera, vuol dire ascoltare due dischi distanti anni luce l'uno dall'altro. E sebbene questa cosa possa essere più che legittima quando dall'inizio alla fine di una carriera passano parecchi anni, tanto logica non appare sapendo che il loro apporto alla scena metal è durato appena 4 anni.

Chi conosce solo i capitoli più famosi della loro discografia, non ritroverà in questo EP quello che ha caratterizzato il loro successo, ma tutt'altro. Credo che vi ritroverete totalmente spiazzati come è successo a me, che li ho conosciuti iniziando ad ascoltare (guarda caso) il loro ultimo album, e poi sono andato a ritroso cercando negli anni, trovando questo "Gardens Of Grief", storico esordio della band.

Un disco inquietante a cominciare dalla copertina in cui si intravede già l'atmosfera che pervade le songs (guardatela bene, non ispira certo solarità), infatti i solchi musicali si susseguono lenti e pesanti, senza le sfuriate veloci che saranno poi il marchio di fabbrica negli anni successivi. Le tipiche caratteristiche dell'oscuro death scadinavo sono più che evidenti, formando un intreccio sonoro ricco e meno spartano di quello dei cugini d'oltre oceano, che negli stessi anni stavano concependo ben altro.
Oggi è facile dire queste cose, ma chissà allora quali impressioni suscitò la "freschezza" contentuta in queste composizioni, e quale fascia di pubblico (seppur ristretto, perchè da veri metallers ne siamo coscienti) andò a colpire. Insomma, sonorità poco tranquillizzanti, in cui ritroviamo un vocione profondo, che a tratti si tramuta in uno screaming folle e malato.

Questo disco rappresenta un esordio importante nella scena metal, in quanto gli At The Gates sono stati tra i primissimi pionieri del genere "made in sweden" a cui hanno dato (successivamente) l'apporto della melodia e un certo gusto per gli arrangiamenti, che come avrete capito qui manca (quasi) totalmente.

C'è poco altro da aggiungere su questo lavoro che si fonda su 4 canzoni, che però non scorrono per niente in modo facile: le sonorità sono di quanto più plumbeo mi sia mai capitato di sentire in musica e (sforzandosi parecchio) si intravede appena uno spiraglio melodico, "Slaughter Of The Soul" è ancora molto, ma molto lontano. Dedicato solo ai collezionisti e a chi ama le sonorità più oscure dell'inizio dei'90, che hanno poi dato vita a tutto quello che oggi universalmente conosciamo come death metal svedese.

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