Uh-oh! Ci fanno notare che questa recensione compare anche (tutta o in parte) su solouninsiemedibugie.blogspot.com/search/label/At the soundawn
Anima che prende possesso del corpo.
Psichedelia, post-metal, alternative rock. Direzioni diverse, piccoli/grandi spunti per scorgere e comprendere qualcosa di nuovo. Delicatezze mai assaporate che sfumano in accenni jazz, nella disperazione e nella rabbia dell'hardcore. Emanazione di un prodigio materializzato da un lapillo d'ira che, con immenso sollievo, si spegne. Ritmiche mutevoli, battito incostante, palpito che diventa sussulto. Vocalizzi emozionanti prima incastonati nel dolore e poi assopiti nella gioia della quiete, nel fascino che si innalza dai quotidiani orizzonti. Orizzonti scorrevoli, imprevedibili, accoglienti.
Alla loro seconda release i modenesi At The Soundawn espandono magistralmente i propri confini musicali creando una nubulosa all'interno della quale i pianeti si scontrano, mutano, crescono e si dilatano fino a sgretolarsi, a scomparire nel respiro del tempo.
''Shifting'', edito all'inizio del 2010 dalla Lifeforce, è un lavoro positivamente dispersivo, camaleontico ma mai disgiunto. Metal e non-metal vengono fusi con sopraffina padronanza dei propri mezzi, attraverso una capacità di osare spesso trascinante, superando il canonico avvicendamento tra la morbida fase acustica e gli impetuosi passaggi elettrici (''Mudra'', che si spegne nel suo apice per poi ricominciare in una veste tutta nuova, ne rappresenta l'esempio più calzante) e facendo ricorso sovente ad alleggerimenti ambient (gli squisiti afflati di sax in ''Caofedian'', il relax etereo di ''Drifting Lights'') in cui emerge una passione pronunciata per sfumature che poco hanno a che vedere col post-metal, genere nel quale, con superficialità, vengono catalogati.
Così, ciò che in un primo momento appare la riproduzione di un credo musicale tanto caro agli Isis (e la copertina debitrice a ''In The Absence Of Truth'' non aiuta certo a dissipare tali pregiudizi), ben presto viene frantumato dalla vitalità, dalla policromia e dalla maturità che questi cinque ragazzi emiliani hanno saputo sprigionare, anche singolarmente, all'interno di questo ''Shifting''. Spiccata libertà espressiva resa al meglio da una produzione praticamente perfetta (negli studio 73 di Ravenna) e da un'ammirevole, inconsueta versatilità strumentale (sapientemente manifestata dall'abbondante utilizzo di pedaliere, intrecci chitarristici, indovinati campionamenti, trombe e strumenti etnici a me ignoti come la tabla e il bouzouki) che porta gli At The Soundawn dritti dritti tra quelle esigue realtà italiane degne di essere supportate senza se e senza ma da ogni connazionale, a maggior ragione da chi sostiene che l'arte musicale più compiuta sia quella che frantuma le proprie barriere rinnovandosi.
Carico i commenti... con calma