E' il 1996 e con "Il Fantasma dell'Opera" gli Ataraxia raggiungono finalmente la loro maturità artistica. Francesca Niccoli (voce), Vittorio Vandelli (chitarre), Giovanni Pagliari (tastiere) sono i nomi che stanno dietro al progetto.
Sebbene conosciuta per lo più in ambienti gothic, dark o industrial, la proposta della formazione modenese non è riconducibile ad alcuno di questi generi. I tre artisti si fanno bensì promotori di una musica emozionale ed emozionante che non si pone limite alcuno, che scaturisce dalla sola libera espressione artistica e che affonda le proprie radici nella letteratura, nelle arti figurative, nel teatro, nelle tradizioni popolari.
Da sempre dediti ad un folk etereo e dai forti richiami alle tradizioni medioevale, rinascimentale e barocca (senza dimenticare qualche rigurgito wave degli esordi), con questo album gli Ataraxia, entità sempre mutevole la cui veste musicale è solita adattarsi al concept lirico di volta in volta scelto, inglobano nel loro sound le atmosfere e le ambientazioni della musica sinfonica ed operistica.
L'opera omonima di Leraoux è però solo un pretesto per permettere ai nostri di compiere le loro riflessioni sull'arte ed in particolare sulla musica, la forma d'arte "eterea ed esoterica" per eccellenza. Il Teatro dell'Opera di Parigi e i diversi personaggi della vicenda fungono da ambientazioni e fantocci per affrontare allegoricamente i temi del potere estraniante dell'arte, del rapporto fra l'artista e il resto del mondo, della solitudine dell'artista che ne consegue, dell'inevitabile cozzare fra il mondo dell'arte e il mondo reale.
E così il Fantasma non è che un essere sensibile e fragile che vive isolato in un proprio mondo di fantasia, a cibarsi esclusivamente della propria arte, la musica, relegato su un'isoletta nel bel mezzo di un lago artificiale collocato proprio nei sotterranei del Teatro. Un equilibrio interiore labile, il suo, che si verrà inevitabilmente ad incrinare nel momento in cui si innamorerà della cantante lirica emergente Christine e sarà costretto a fare i conti con la realtà e con se stesso. Da qui il dipanarsi di una storia struggente e malinconica, ma anche vivace e bizzarra, raccontata con il brio di un saltimbanco o di un giullare di Corte. Una vicenda dai forti risvolti simbolici, capace di assume i connotati di un percorso spirituale di crescita e consapevolezza.
Un viaggio fantastico e visionario che trova la sua location negli anfratti dei sotterranei del Teatro, fra botole che si aprono, passi furtivi, porte che sbattono, ma senza mai scadere nel "facilmente claustrofobico". La forza artistica degli Ataraxia sta infatti proprio nel saper calare, anche nel chiuso dei sotterranei di un teatro, il loro mondo etereo e senza tempo, fatto di giardini incantati, spazi aperti, corti medievali, richiami e simboli che vanno a descrivere paesaggi interiori, le sensazioni e gli stati d'animo dei diversi personaggi, come accade per esempio nei film di Tarkovskij, densi di riferimenti letterari e di ermetiche simbologie.
Purtroppo il lavoro si apre con l'episodio a mio parere meno riuscito: "E' il Fantasma? Part. 1" è di fatto un'irruente overture un po' di plastica che introduce l'ascoltatore alle ambientazioni operistiche della vicenda. Ma sarà questione di un minuto scarso, poiché già a partire dalla seguente "E' il Fantasma? Part. 2", quello che uscirà dalle casse dello stereo sarà una vera delizia per le nostre orecchie.
Dai primi vocalizzi ci si potrà rendere facilmente conto delle capacità mostruose della Niccoli, una sorta di Diamanda Galàs celestiale o, meglio ancora, una Patty Pravo dall'ampiezza vocale immensa: dalle inquiete tonalità basse, ai gorgheggi eterei fino agli acuti che portano dritti dritti al Paradiso, la Niccoli, con personalità e con il giusto piglio teatrale, ha qui modo di cimentarsi anche in nuove sfide, che di certo non la fanno sfigurare, per esempio, come provetta cantante lirica. Dal latino, all'italiano al francese e all'inglese, la sua voce unica e dallo stile inconfondibile è utilizzata come uno strumento musicale vero e proprio, e con cotanta perizia che non possiamo non perdonarle qualche difettuccio di pronuncia.
"Il Violino Incantato", "Faust in una Sala Maledetta", "La Lira d'Apollo", "Il Signore delle Botole", fra le ispirate escursioni acustiche del buon Vandelli, e le tastiere eteree di Pagliari (che la fanno da padrone in questa release), l'ascolto scorre che è un piacere. E fra i diversi episodi, sempre vari e ricchi di suggestione, c'è spazio anche per un'azzeccata cover di "Wuthering Heights" di Kate Bush, sorretta dall'organo di Pagliari e rinvigorita dalla strepitosa performance della Niccoli: seppur fedele all'originale, è sorprendente come questa versione diventi Ataraxia al 100%, calandosi perfettamente nel concept e nell'atmosfera generale dell'album. A dimostrazione, se ce n'era bisogno, della maturità di questi artisti, che sono in grado di masticare di tutto (dalla musica classica alla tradizione popolare) ed appropriarsene come solo sanno fare i migliori interpreti.
Un gran lavoro, e ho i brividi se penso a cosa sarebbe potuto uscire fuori se la band avesse potuto disporre di una strumentazione adeguata, un pianoforte vero, per esempio, o del contributo di un ensemble da camera. Purtroppo così non è stato, e la grazia del songwriting viene a smorzarsi un poco per via dei suoni sintetici e delle incursioni nefaste di una drum-machine a cui si sarebbero preferite di gran lunga delle percussioni a mano.
Ma gli Ataraxia sono così, non hanno mai indugiato più di tanto sulla perfezione formale, la loro priorità è sempre stata quella di mettere a fuoco sentimenti e riflessioni e trovar loro un'adeguata veste musicale. La loro Arte scaturisce dal cuore e il loro talento ci giunge così com'è, immediato, senza tanti arzigogoli e perfezionismi. Prendere o lasciare.
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