Non sarò breve.
Quando ordinai questo disco dal mio negozio (allora) di fiducia, avevo appena compiuto 17 anni. Si era nel 1997, nel pieno dell'ondata del chemical beats: artisti come Prodigy, Goldie, Chemical Brothers, Massive Attack, Portishead e Tricky sfornavano dischi della madonna uno dopo l'altro e che, a posteriori, erano davvero "sperimentali" per i circuiti a cui erano destinati (radio, televisione etc.).
Personalmente, ero molto affascinato dalla contaminazione tra rave culture, sonorità punk rock e linguaggio hip hop di alcune delle band emerse in quel periodo: sapevo però che c'era in giro qualcosa sicuramente di più estremo e anticonvenzionale.
Mi riferisco appunto agli Atari Teenage Riot, band proveniente dalla Germania capitanata dal tormentato e agguerrito leader (e in questo caso il termine è davvero appropriato) Alec Empire, spesso paragonato assurdamente a Trent Reznor. Ma, per fortuna, la musica e i contenuti di questo gruppo non sono nemmeno accostabili all'insipido technodark pseudocattivello dei Nine Inch Nails: gli Atari Teenage Riot erano rabbia, rabbia vera, incazzo al 100% provocato da un post 1989 (l'abbattimento del muro di Berlino) che aveva portato con sé una imponente strumentalizzazione nazionalista da parte degli organi di comunicazione, che puntava principalmente sulla conseguente emarginazione delle minoranze e sull'esaltazione del capitalismo.
Berlino, come tutti sanno, è sempre stata una città "bollente". Il disagio generale nei primi anni '90 era ai massimi storici, e il movimento neonazista stava riprendendo quota in maniera evidente: gli altri, come dice lo stesso Empire in una intervista, tentavano di fuggire da tale frustrazione cercando conforto nelle prime droghe sintetiche e nei rave.
Fu da questa situazione che Empire giunse alla drastica conclusione: "il sistema deve essere distrutto" e la applicò in musica, esprimendo tutta la violenza repressa e il forte messaggio politico nei primi singoli del gruppo (composto anche dall'mc Carl Crack e dalla frontgirl Hanin Elias), molti dei quali contenuti in questo "Burn, Berlin, Burn!", un riassunto efficace della loro produzione fino al 1997.
Credo che sia il disco ideale per chi vuole avvicinarsi agli Atari Teenage Riot o per chi preferisce lasciarli stare: o li ami, o li odi, non ci sono vie di mezzo. E non ci sono vie di mezzo nemmeno nel sound, che è quanto di più feroce e senza compromessi mai realizzato in musica: i testi di Empire & co., composti prevalentemente da slogan inneggianti nichilismo, rivoluzione, anarchia totale e odio verso il potere di qualunque tipo, sono urlati sopra un tappeto che è un vero e proprio assalto sonoro senza pause.
Campionamenti di riffs death metal inseriti in basi hardcore, atmosfere da catastrofe incombente, come se fossimo tutti di fronte al Giorno del Giudizio con Empire e i suoi fedeli che guidano una rivolta contro i governi di tutto il mondo.
Non c'è pace, non c'è serenità: solo rabbia cieca, e voglia di rovesciare il sistema.
L'iniziale "Start The Riot" è tutto un manifesto delle intenzioni del gruppo: "are you readieeeeeeeee?", parte la rabbia selvaggia tra distorsioni, dissonanze di ogni specie e un bpm truce e imperioso. "FUCK ALL!!" introduce con un lancinante AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH la Helias che si dimostra incazzata quanto il compagno Alec. Le parole non bastano per descrivere la violenza inaudita di questi pezzi, dei veri e propri inni di rivoluzione suburbana, che però nascondono un chiaro disegno di pensiero della band tedesca: musica e parole non devono assolutamente essere dissociate tra di loro, in quanto "Riot sounds produce riots", e alla fine è questo l'elemento chiave per interpretare un progetto come questo.
L'impostazione, in fondo, è la stessa di "Metal Machine Music": il rumore che copre l'ipocrisia, la standardizzazione dell'arte, la sottomissione degli istinti primari dell'uomo a beneficio di un "progresso" che tocca i pochi e penalizza i tanti. È questo lo spirito che anima episodi estremi e brutali come "P.R.E.S.S." e, soprattutto, "Destroy 2000 Years Of Culture" in cui a essere presa di mira è principalmente la politica oppressiva e discriminante portata avanti dalla Chiesa Cattolica.
"Delete Yourself" è quasi un omaggio al punk del '77 (con un efficace sample di "God Save The Queen") e la caustica "Deutschland Has Gotta Die!" supportata dall'infuocata prova vocale dei tre riots, è probabilmente il brano più anti-patriottico di tutti i tempi. "Into The Death" è costruita su un riff death old school ripetuto continuamente, selvaggi battiti hardcore, inserimenti drum'n'bass, rivelando anche la notevole versalità della band dimostrata anche in altre sfuriate come "Speed" che lasciano però un minimo spazio alla melodia.
Brani come "Revolution Action" o "Digital Hardcore" dovranno ancora venire, ma credo che siano questi gli ATR più genuini, quelli di un Empire che veramente era certo di potere spaccare il culo al mondo intero, memore dell'orrenda fine di alcuni membri della sua famiglia trucidati nei campi di sterminio nazisti perché sospettati di simpatie socialiste.
Questo era un gruppo che non sarebbe mai potuto venire fuori dagli U.S.A., dove gli Slipknot si travestono da pagliacci killer solo perché nel paesello dove sono nati si annoiavano tra mucche e galline: questo era un gruppo che veniva fuori da un disagio vero e che esprimeva una rabbia vera, non artificiale. In quello stesso anno (1997) si unì agli ATR la rumorista giapponese Nic Endo.
Hanin Elias ha pubblicato alcuni lavori solisti ed è diventata madre.
Nel settembre 2001 Carl Crack, che soffriva da tempo di depressione e disturbi psichici, si è suicidato.
Alec Empire, dopo un periodo di crisi personale, ha intrapreso la carriera solista e nel 2002 ha pubblicato il doppio album "Intelligence & Sacrifice".
Inutile aggiungere che gli Atari Teenage Riot non esistono più.
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