Questi settantacinque minuti di musica dal vivo, fra i miei preferiti in assoluto, furono pubblicati in doppio ellepì nel 1979, quando il sestetto southern rock originario della Georgia era all'apice del successo. In effetti l'esibizione qui immortalata gode dell'evidente feedback di un'immensa audience, calda e partecipe mentre distribuisce applausi ed urla di approvazione, estasiata ed eccitata dalla pastosa e rotonda musica sciorinata dai nostri.
Il titolo dell'album "Siete pronti?" riprende il classico incitamento scandito subito all'inizio dal presentatore di turno il quale, dopo aver accolto il boato affermativo della folla, urla il nome del gruppo e si fa da parte lasciando esplodere l'introduttiva "Sky High" (dal sesto album di studio "A Rock'n'Roll Alternative", risalente a tre anni prima). Che libidine! Sapida, potente, coesa e ricca questa perla del repertorio sudista svela immediatamente le molte qualità della band, dal ben organizzato e dinamico incrocio ritmico fra il piano elettrico di Dean Daughtry e le due chitarre di J.R. Cobb e Barry Bailey, al groove preciso e sicuro della sezione ritmica specie per quanto riguarda il corpulento e talentuoso bassista Paul Goddard, dalla maschia e prolifica voce del frontman Ronnie Hammond all'elegantissima solista dello stesso Bailey, musicista dotato di tocco superiore e fraseggio sublime. Proprio in quest'episodio la classe di Bailey rifulge purissima, grazie alla lunga coda strumentale nella quale egli, accompagnato dal solo Daughtry, fa vibrare a tutto volume e pieno controllo il suono legnoso e maestoso della sua Les Paul De Luxe fino ad un finale di nuovo collettivo e da brivido. Se dovessi esemplificare a qualcuno l'essenza e la qualità del southern rock al suo apice, ebbene sceglierei questo numero dal vivo della ARS!
Bailey concede replica nella lunga coda solista di "Angel" (dal terzo lavoro in studio "Third Annual Pipe Dream" del ‘74), uno di quei numeri melodici ed avvolgenti tipici della band. Dopo che Hammond ha sfoderato tutto il suo charme dimostrando di essere la voce migliore del southern rock (a pari merito con Gregg Allman), il biondo chitarrista solista parte per la tangente col suo stile misurato ma trascinante, estremamente espressivo e coinvolgente.
La veloce, concisa e, per i canoni ARS, sferzante "Large Time" (apertura del loro settimo disco "Champagne Jam" di un anno prima) viene dedicata ai Lynyrd Skynyrd, essendo al tempo ancora attuale l'eco della sciagura aerea che aveva decimato questo gruppo. A seguire, il barbuto cantante provvede subito a rasserenare l'animo degli astanti, nonché a smuovere gli estrogeni delle femmine presenti, con la confidenziale e semiacustica "Conversation" (dalla seconda prova in studio "Back Up Against The Wall" del ‘73), dimostrando chiaramente che, invece di fronteggiare un gruppo rock, avrebbe anche potuto applicarsi come cantautore folk-rock ed i risultati sarebbero stati ugualmente ottimi.
La pantagruelica "Another Man's Woman", già estesa per quasi dieci minuti sulla quinta uscita di carriera "Red Tape" (anno 1976) aggiunge qui altri cinque minuti suppletivi e serve, come sempre, a mettere in rotazione a proscenio gli strumentisti, in particolare il voluminoso Goddard che con lo schioccante suono del Rickembacker tiene ben desta l'attenzione e l'ammirazione di tutti.
Ben presenti, come ad ogni loro esibizione, le riproposizioni dei singoli che hanno portato loro notorietà e benessere economico, ma anche una distorta nomea di gruppo morbido e quasi pop. Certo, "Imaginary Lover", "Champagne Jam", la stessa "Angel" sono canzoni estremamente accattivanti e "radiofoniche" (nel senso che rappresentava questo termine negli anni settanta), giocate sull'equilibrio e sullo stile più che sull'urgenza e la spettacolarità, ma intanto dal vivo la loro riproposizione, seppur rispettosa degli originali, aggiunge un nerbo ed una potenza nuovi. E poi, soprattutto, queste digressioni in un genere più popolaresco sono sempre state episodiche, non più di un paio di brani ogni album, per il resto farciti di blues rock e di elettricità.
Classe paurosa, solisti brillanti e pieni di feeling, competenza e passione, totale mancanza di narcisismo o altri tipi di spocchia, una bella e ricca discografia qui rappresentata al meglio almeno nella sua prima metà (a questo disco seguiranno altre sei o sette produzioni in studio): il southern rock dolce ma sempre puro e maschio della Atlanta Rhythm Section rappresenta, a mio sentire, il vertice assoluto di questo genere a me molto caro, compresi ovviamente i peraltro mirabili Allman Brothers e Lynyrd Skynyrd che godono di credenziali ben maggiori.Carico i commenti... con calma