35 minuti "indieperfetti". Tara ta taaaaa. Bentornati al consueto spazio-novità autogestito da me medesimo della quale. Pronti? Via! Ecco uno dei migliori prodotti rock italiani dell'anno che sta per terminare. Parto dalle "note a margine", dato che la salivazione si consiglia sempre di farla salire poco per volta.

"Atleticodefina" è il progetto musicale di Pasquale De Fina, anima dei Volwo e personaggio alquanto strambo nonché ispiratissimo musicista. De Fina arriva al progetto dopo l'esperienza live del primo album di Cristina Donà e dopo aver contribuito al successo della performance degli Agnelli (Manuel, Afterhours) - Clementi (Emidio, Massimo Volume). L'album è stato licenziato l'undici novembre dall'etichetta Lucente e distribuito dalla Venus, che, proprio di questi tempi lo scorso anno aveva "diffuso" sul territorio anche un altro prodotto rock di tutto rispetto, ossia Outside The Loop Stupendo Sensation dei Meganoidi. "Atleticodefina" è stato registrato presso le Officine Meccaniche sotto la guida di Mauro Pagani e dentro il Maitai Studio di Gianluca Mancini; l'album prende vita grazie ad una interessantissima collaborazione musicale. La formazione è composta infatti, oltre che dal buon Pasquale (chitarra e voce), da ottimi musicisti tra cui spiccano i nomidi Giorgio Prette (batteria Afterhours) e Andrea Viti (basso Afterhours).

Detto questo si può anche passare "all'interno". Il disco suona bene. Ma proprio bene. Essenzialmente è un album dal sapore garage con alcuni piccolissimi, quasi impercettibili, esperimenti di elettronica latente. A volte saltano all'orecchio spunti che rimandano al blues ruvido delle ultime Desert Sessions, al suono delle ninne-nanne paralizzanti "dell'uomo rosso del deserto" e c'è anche un nonsoché di simile a "No One Knows" nelle chitarre de "Il Modo Migliore", ma più che furtarello la chiamerei ispirazione (oggi mi sento buono. . . ). Il disco è concepito ottimamente nei testi: romantici ma anche pieni di rancore e rassegnazione a vivere senza certezze. La musica cambia pelle notevolmente traccia dopo traccia e in generale l'album risulta a tratti cupo e opprimente, come un presagio di qualcosa di terribile ("Fermatevi"), altre volte semplice, scorrevole e a un passo dal baratro del pop ("Beautiful Loser").

Spesso "Atleticodefina" accende un mega venitlatore dietro la schiena di chi ascolta e lo spinge un passo più in là; altrettanto spesso il ritmo rallenta bruscamente e la tempesta sembra passata. Folle e ipnotico nella struttura di alcuni pezzi ("Viola"), folle e basta nell'incedere veloce e corrosivo di altri ("Mio Fratello Ha Il Vento In Faccia"). Oltre agli inevitabili Afterhours, si rintracciano "segmenti consistenti" di Syd Barrett e di un notevolissimo "scazzo sonoro" che tira giù, sotto terra, una produzione che inconsapevolmente ma in modo inevitabile nasceva undergound ancor prima di essere concepita. C'è anche chi dirà che qui dentro c'è troppa melodia e che l'album "rischia troppo poco" in confronto alle produzioni inglesi o americane. Il sottoscritto se ne frega: per il nostro paese questa musica è una buona dose di coraggio e qualità. Questo disco, infatti, non rappresenta solo un ottimo passo artistico di un musicista promettente: è a tutti gli effetti una delle (potenziali) più piacevoli esperienze tra voi e il tasto "Skip" dell'intero anno solare. Ed è una produzione italiana. Tara ta taaaa. Spazio novità concluso. Buon appetito.

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