69 orizzontale (beh, difficilmente avrebbe potuto essere verticale, a meno di non essere campioni olimpionici di Twister), 8 lettere: "Il miglior disco della band di Orange County che deve il suo nome ad un protagonista de La Storia Infinita".

La fin troppo facile risposta non può che essere "The Curse", atteso come back per i californiani Atreyu che, a due anni di distanza dal buon debut "Suicide Notes and Beautiful Kisses", dimostrano di essere finalmente pronti a ritagliarsi un posto d'onore all'interno dell'affollata scena emo-metal-core.

Se infatti la cover dai toni vampireschi e l'intro "Blood Children (An introduction)" sembrano voler strizzare l'occhio agli ultimi A.F.I. sono sufficenti i due giri della lancetta lunga che scandiscono la seconda traccia "Bleeding Mascara" per fugare scomodi paragoni e capire quello che ci aspetta per i restanti 40 primi: un'incessante cascata di note (davvero ottimo il lavoro dei due axe-men Dan Jacobs e Travis Miguel) sulle quali si staglia con prepotenza il lancinante screaming del lead singer Alex Varkatzas (il cugino americano di Speed Strid dei Soilwork?) a cui si contrappone all'altezza dei ritornelli il cantato melodico del batterista Brandon Saller, per un'impostazione del quintetto che ricorda da vicino quella di band come i From Autumn to Ashes.

L'inizio è di quelli che lasciano il segno, ma il meglio deve ancora arrivare: alla posizione numero tre si trova infatti quella che, senza troppi giri di parole, non esiterei a definire la miglior canzone mai scritta dagli Atreyu nonchè una delle più rappresentative del genere stesso, ovvero quella stessa "Right Side of the Bed" non a caso scelta come singolo e che, grazie anche all'ottimo video in heavy-rotation su MTV2, ha contribuito a suo tempo in maniera determinante a far conoscere il nome della band al grande pubblico.

Nel prosieguio del platter troviamo poi altri brani di assoluto spessore sia tra le canzoni più votate all'aggressività ("You Eclipsed By me", "Corseting", "Five Vicodin Chased With A Shot Of Clarity") che tra quelle dalle atmosfere più mainstream ("The Remembrance Ballad", "The Crimson", "Nevada's Grace"), ma in generale è da rimarcare il fatto che non sono ravvisabili cali di tensione all'interno dell'intera tracklist, a testimonianza dell'elevatissimo livello d'ispirazione che ha permeato le sessioni di registrazione, coaudivate dal sempre superlativo producer GGGarth (Chevelle, FATA, Mudvayne, RATM, Spineshank, Still Remains).

Purtroppo con i successivi lavori i nostri hanno dimostrato, con risultati a dire la verità piuttosto altalenanti, di volersi allontanare dal genere che loro stessi hanno contribuito a portare al successo, al punto che riesce ad oggi difficile immaginare una risposta diversa alla domanda di cui ad inizio recensione: nell'attesa di vedere cosa ci riserverà il nuovo full-lenght conunque non ci resta che andare a riascoltare per l'ennesima volta questo riuscitissimo "The Curse", disco che non può mancare nella vostra collezione, a maggior ragione se siete tra gli amanti delle sonorità proposte dalla label del bull-dog.
 

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