L'Argentina è stata una terra che negli anni '70 ha regalato al progressive una miriade di band di altissimo livello artistico (basti pensare a gruppi quali Crucis, Espiritu, Mia, Bubu, Alas, solo per nominare alcuni tra i più grandi). Al contrario i decenni successivi non sono stati altrettanto prodighi di band dedite al nostro genere preferito e probabilmente solo i Pablo El enterredor e forse i Rael meritano una menzione per la qualità medio-alta della loro proposta musicale. È quindi con una certa curiosità che mi sono messo all'ascolto di questi Nexus, autori nel 1999 di un disco che ha suscitato un certo entusiasmo tra gli appassionati risollevando di conseguenza le quotazioni del prog argentino. Il gruppo, originario di Buenos Aires, pare affondi le sue radici negli anni '70 anche se solo di recente è riuscito ad approdare al sospirato traguardo discografico ed è composto da Lalo Huber (tastiere), Carlos Lucena (chitarra), Daniel Ianniruberto (basso), Luis Nakamura (batteria), Mariela Gonzalez (voce). Il CD, caratterizzato da un artwork piuttosto piacevole, è stato registrato in presa diretta, dura 74 minuti e consta di 13 canzoni (di cui 4 superiori agli 8 minuti) alcune strumentali, altre cantate in lingua madre.
Lo stile dei Nexus è un prog decisamente sinfonico di matrice anni '70 che trova ispirazione principalmente negli ELP, grazie ai complessi arrangiamenti tastieristici ed ai veri e propri virtuosismi di Lalo Hubner (che dei brani è anche autore), ma anche negli Yes, grazie ad una chitarra che dialoga intelligentemente con le tastiere mostrando buone idee ed un giusto connubio tra tecnica e melodia. I pezzi cantati sono caratterizzati dalla discreta voce di Mariela Gonzales che svolge diligentemente il suo compito senza impressionare più di tanto ma anche senza fornire troppe argomentazioni ai numerosi detrattori delle voci femminili in ambito prog: insomma, per capirci, non si tratta di una novella Annie Haslam ma neanche della cantante dei tedeschi Cromwell! (l'avete mai sentita? veramente terribile, così come il gruppo che l'accompagnava...). I brani sono tutti piuttosto graziosi e tra i più meritevoli di una menzione d'onore possiamo segnalare la trascinante "Tiempo Sin Razon", caratterizzata da un bellissimo riff tastieristico subito seguito da una chitarra aggressiva e da una coinvolgente melodia vocale, o "La Espiral", breve strumentale che sembra uscito dritto dritto dagli spartiti di Tarkus. Ma nel disco c'è spazio anche per momenti più rilassati, come "Sueño Infinito", caratterizzata da una melodia vocale dolce e sognante, o per i brani di più ampio respiro ("Eterno y Fugaz", "Signos En El Cielo"), vere e proprie suite che alternano sapientemente i momenti lirici, nei quali si esalta il drammatico cantato della Gonzales, a quelli più frenetici che mostrano la grande padronanza strumentale di tutti i membri del gruppo.
Da quanto detto fin qui penso che avrete capito a chi potrà piacere questo disco e soprattutto a chi non piacerà di certo: mi riferisco agli "scienziati" del progressive, quelli che ascoltano solo roba che sembra sia stata registrata tenendo gli spartiti capovolti e che liquideranno questo disco come "troppo derivativo" e quindi non meritevole della loro attenzione. Al contrario "Detras Del Umbral" piacerà agli appassionati della corrente più sinfonica del prog che dell'originalità a tutti i costi se ne infischiano e a cui questo disco regalerà di certo un bel po' di bei momenti. Buon ascolto!
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