Ho già scritto innumerevoli volte su Debaser che provo da decenni nei confronti di Steve Wynn un amore viscerale; considero la sua Musica un appiglio, una solida sicurezza. Ritengo il cantautore californiano un fratello maggiore in grado di regalarmi sempre emozioni; come accade anche in questo suo disco uscito nel 2005.
Con i suoi giovani compagni d'avventura, quei Miracle 3 che hanno riportato Steve molto vicino ai suoi anni migliori vissuti con i Dream Syndicate, rientra a Tucson in Arizona dove produce l'album aiutato dalla compagna e batterista Linda Pitmon. Un lavoro acidissimo, ultrapsichedelico dove abbondano ancora una volta quei suoni così ruvidi e "tirati" delle due dominanti chitarre; in particolare quella poderosa, suonata a tutta e messa nelle mani di un assetato ed assatanato Jason Victor che sembra cresciuto a pane e Television.
La copertina dice tutto: quel peperoncino vuole indicarci la cruda ed acidosa piccantezza di un suono pronto ad esplodere in molti dei brani contenuti nel disco. Come una bomba ad orologeria con il timer che sta per raggiungere l'ora zero, l'ora della deflagrazione conclusiva...tick...tick...tick...appunto!!!
Non ci sono novità nel lavoro: i detrattori del buon Steve sono pregati di rivolgersi da altre parti. Ma perchè bisogna per forza cercare di rinnovarsi, di trovare nuove strade musicali come ho letto in alcune recensioni ai tempi dell'uscita dell'album! Dove c'è scritto per la miseria?!? Steve se ne sbatte altamente delle saccenti ed inopportune critiche e continua a produrre dischi eccellenti, molto old school e suonati con quella rabbia da far invidia a tanti giovincelli alle prime armi.
Ma lasciamo da parte i toni polemici e torniamo al disco che si apre in modo furente con i due minuti scarsi si "Wired" dove Steve canta in modo fin disordinato attraverso un megafono. Da subito, come ho già detto ad inizio recensione, sono le due chitarre a dettare trame vertiginose, cariche di contagiosa elettricità; si prosegue con la Dylaniana "Cindy, It Was Always You" che si avvale di un suono di armonica che ci rimanda inevitabilmente agli anni sessanta-settanta. E' la volta del brano da me preferito, "Freak Star", dove viene omaggiato un certo Neil Young: ascolto il brano in presa diretta, cercando di trovare le parole giuste per descrivere i cinque minuti successivi. Ma mi risulta molto complicata la cosa ed allora mi basta un solo termine: capolavoro personalmente uno dei brani più belli scritti da Steve nella sua lunghissima carriera post Sindacato.
Concluse le languide note di questa armoniosa ballata elettrica si ritorna a pestar giù durissimo con "Killing Me" dove, addirittura, in alcuni momenti solfurei sembra di entrare nell'impervio mondo Noise tanto caro ad un certo Page Hamilton ed ai suoi Helmet. Una mazzata indimenticabile con un pestosissimo lavoro dietro ai tamburi di Linda che avrà spezzato qualche bacchetta nel momento delle registrazioni. I sette minuti di una dolce ed incantata "The Deep End" concludono i primi cinque brani che ho voluto tutti nominare da tanto meritevoli. Il resto scopritelo da voi...NO TOMORROW...
Lavoro da massimo dei voti: mi par fin troppo scontato aggiungerlo.
Sei un grandissimo fratellone Steve.
Ad Maiora.
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