E' fresca di stampa questa compilation della Spittle Records, un LP che contiene anche il Cd da 18 canzoni, con una foto di copertina che non lascia dubbi sul periodo musicale: un impermebile a doppio petto, allora di gran moda e caro a tanti investigatori della tv, e la dicitura "rare and unreleased tracks from Milan's underground new wave scene".
Registrazioni quindi dimenticate nei cassetti e resuscitate per l'occasione, per lo più in presa diretta o su 4 tracce, ma ciò che colpisce subito è il suono pulito e le strutture sempre ben curate.
Fanno da padrone batterie e arpeggiatori Roland e Korg, mentre alcune tracce strumentali fanno davvero rimpiangere la mancanza di una linea vocale.
E' inevitabile sentire l'influenza della new wave anglosassone ma il tentativo di affrancarsi e provare strade nuove c'è, anche tramite percorsi sperimentali interessanti.
Infatti si parte con gli Aus Decline, che cercano una loro via tra elettronica e punk, e poi gli Oh Oh Art che sfoderano un cantante con un timbro alla Orzabal dei Tears for Fears in una canzone che, se ben prodotta, non avrebbe sfigurato tra le hit della new wave di allora.
Per i successivi Der Blau Reiter, la somiglianza della voce di Tirone con quella di Ian Curtis è impressionante, e il pezzo sembra uscito da un demotape dei Joy Division. Atmosfera raggelante, davvero bello.
I 2+2=5 sono forse il gruppo più noto tra quelli della compilation, e la versione dub di un loro pezzo conferma decisamente la loro bravura e la capacità di La Loggia e Hagiwara di far soffrire i sintetizzatori.
Per gli After Budapest, un antesignano duo elettronico, la canzone deve volteggiare su un basso sequencer incessante e veloce, ben cantata e molto dark.
L'influenza del Pop Group per i Nobody è evidente, ma lungi questo dall'essere un male, anzi, il pezzo è piacevole nel suo percorso contorto e sperimentale, come i loro maestri insegnano.
Gli Actor's Studio invece si gettano in un brano fatto di arpeggi dance, fresco e divertente, peccato l'assenza della voce.
Invece, l'unica voce femminile è dei Jeunesse D'Ivoire, il cui brano d'atmosfera, solo tastiera di accompagnamento e mare in sottofondo, ha un ottimo crescendo.
Con gli Scunt invece si vira verso il mondo dei Cure di Seventeen Seconds, un dark malinconico e freddo, pur senza supporti elettronici: basso, chitarra, batteria e voce, solo un filo di tastiera.
I Through12 ci regalano uno sperimentale pezzo elettronico, che ricorda il sound berlinese.
Chiudono alla grande gli State of Art (Mark II) con un bel pezzo funkeggiante, divertente, in cui fa da ritornello un sax suonato benissimo.
Ascoltando più volte questa compilation, viene da immaginare quale futuro avrebbero potuto avere queste canzoni e questi gruppi con una produzione seria e capace, come avveniva al di là della Manica, trovando magari il coraggio di fare qualche brano in madre lingua: forse non avremmo avuto solo i Decibel a portare avanti la bandiera della new wave milanese, con indubbio vantaggio della musica italiana anni 80.

Carico i commenti...  con calma