Fine aprile 2024, fuori piove che Dio la manda ed io, cercando un po’ di luce e calore, ascolto “The Sun Session” del Re e ritrovo sonorità che ho sentito in altri artisti venuti anni dopo, tra tanti soprattutto “The Velvet Underground”. Dice che è “colpa” dell'assenza della batteria (puramente casuale e, in alcuni brani, aggiunta successivamente) e del leggero eco che il produttore usò per compensarne la mancanza. Del resto non è che ricordi grandi colpi ai piatti o rullate esplosive da parte di Maureen Tucker.
Tutto perso nelle mie elucubrazioni salto in aria quando, nella calma più assoluta e ascoltando la più bella versione di “Blue Moon”, rischio le coronarie sentendo urlare: IL ROCK È MORTO!!!!! Ma chi cazz... vuoi vedere che gli alieni son tornati?
Dopo la “vicenda” Bowie non si erano più visti ed io ho provato anche a contattarli per Shuggie, ma invano.
E adesso, ecco che i due cagacazzi spaziali mi si parano davanti e cominciano a riempirmi la faccia di micro schiaffi con quattro micro mani che vorticano sulle mie guance ad una velocità che nemmeno il Terence Hill dei bei tempi. Per farsi odiare di più, continuano ad urlare a squarciamicrogola: IL ROCK È MORTO/IL ROCK È MORTO/IL ROCK È MORTO!!! In una cosa non sono cambiati, dal fetore dell’alito sento che ci risiamo. Una cosa è certa: l’alcool della terra è il migliore dell’intero universo o, almeno, a questi lemuri spaziali piace assai.
E poi, o io me li ricordavo meno stronzi o sono peggiorati, e di molto! Non tanto per quello che affermano, con me sfondano una porta aperta: ho già avuto discussioni fiume sul tema e, anche per me, il rock è morto perché dal 1954 (anno di uscita del primo album di Elvis) al 1984 (anno di pubblicazione di London Calling dei Clash che, iconicamente, ne rielabora la copertina), ovvero 30 anni 30, ci sono stati Elvis, i Beatles, Dylan, gli Stones, gli Zepp, i Pink Floyd ... Anche I Ramones, i Police, Bob Marley, gli U2, Prince, Bowie, … la Motown il Punk e il Kraut Rock… E poi, dal 1984 ad oggi, chi sono i nuovi Beatles?
Ovviamente, splendidi come il tempo di merda che imperversa, gli alieni fanno i saccenti e mi rinfacciano la tesi di chi la pensa diversamente e che muove dalla considerazione che la musica è emozione e, ad una persona che aveva quattordici anni quando è uscito “Scary Monsters (and Super Creeps)”, puoi presentare il più alto esempio di rock attuale, ma non supererai mai l’emozione che gli ha dato quel disco in quel determinato periodo della sua vita (ehhhh, mi conoscono, si sa: sanno tutto di me!). E questo non perché sia inferiore il livello o sia meno rock, ma perché è la persona che non è più la stessa.
Vabbè E.T. di seconda lega, sia come sia è indubbio che quale genere di massa e moda universale giovanile è decisamente defunto. Sopravvive in una sua gloriosa e aurea nicchia grazie alla devozione di un gruppo trasversale di fan. Al di fuori di quella nicchia è stato schiacciato da altri generi oggi di moda, così va la vita.
E allora cari spaziali alcolici, oggi accade che alcuni artisti si ricordino di essere fan del leggendario Lou Reed, un vero pioniere del rock 'n' roll. Dal debutto dei Velvet Underground nel 1967 fino alla fine dei suoi giorni, Reed ha cantato la verità dal suo cuore. Ha vissuto la vita al limite, e anche di più. Se c’è uno che è Rock è Lou, perché ditemi cosa c’è di più rock di I do what I want, and I want what I see! (Forse solo We want the world and we want it … Now? Now! Già, il dio serpente, un altro che sapeva scrivere canzoni). Inoltre, Reed è una delle figure più influenti nella storia del Rock: c'è un modo molto semplice per misurare questo valore, ovvero la quantità di cover dei suoi pezzi e dei Velvet Underground (e già: i fatti sono la cosa più ostinata del mondo…).
Switcho l’amplificatore e passo a Tidal. Ecco “The Power Of The Heart” di vari artisti che è un tributo alla libertà di espressione di Reed con cover che abbracciano i suoi anni rivoluzionari con i Velvets fino alla sua maestosa carriera da solista. Ogni traccia è una gloriosa estensione del Rock 'n' Roll Animal, sempre avventuroso e all'avanguardia.
Certo, gli album tributo sono già vecchi appena pubblicati e la sfida di registrare un album tributo di successo diventa ancora più difficile quando il soggetto è un artista davvero iconico per il quale è impossibile separare la performance originale dalle canzoni stesse.
C’è solo un modo per cercare di venirne fuori: occorre che gli artisti che interpretano i brani siano stati, oltre che grandi fan, fortemente influenzati dal musicista cui si rende onore e, in questo modo, magicamente accade che riescono ad apportare nuove intuizioni. E così è per “The Power Of The Heart”.
Il tributo inizia con una leggenda a pieno titolo, Keith Richards, che reinventa il classico dei Velvets, “I'm Waiting for the Man” trasformandola in un blues/rock 'n' roll alla Bo Diddley. La cosa divertente è che Reed aveva 24 anni quando scrisse la canzone nel 1966 e Richards ne ha 80 oggi, e nel corso delle loro vite è difficile dire chi ha influenzato chi. Certo, per entrambi non è difficile immaginarli in attesa dell’uomo con 26 dollari in mano o, impazientemente, bussare alla finestra dello stesso.
Ci sono altri superclassici, come “Perfect day” riletta da Rufus Wainwright in una versione minimale alla Jeff Buckley per voce e chitarra, e c'è una stupenda versione jazzata di "Walk on the Wild Side" di Rickie Lee Jones. Non mancano anche brani meno noti e tra questi sorprende piacevolmente, visto il magnifico risultato, la presenza di “Magician” da “Magic and Loss” del 1992, un concept album sulla morte e la perdita che ottenne recensioni contrastanti. La versione di Rosanne Cash mantiene l'intensità dell'originale ma porta in primo piano un senso più pronunciato del blues e dell'angoscia country: davvero emozionante.
Chiude la raccolta l’inedita title track: l'ultima, stupenda canzone incisa da Lou, mai pubblicata sulle piattaforme e qui nella versione acustica di Brogan Bentley, una delicata e romantica dedica alla moglie Laurie Anderson.
Non vado oltre, del resto tutte le cover presenti mantengono un senso di rispetto e, allo stesso tempo, di esplorazione. Una raccolta ponderata di canzoni che hanno plasmato diverse generazioni di rocker, ognuna delle quali rende omaggio a un uomo il cui lavoro non ha età. Lou è tra i morti e, come i morti, diventato eterno nell’anima degli umani che perpetuano il rito.
Finito l’ascolto, gli spaccamaroni della cintura di Orione, come al solito, sono spariti ma, … dove minchia è finita la mia copia di “Sun Session”?!?!? Apro la finestra e vedo la copertina del mio vinile volare via e voci provenire dal nulla che continuano a gridare IL ROCK È MORTO/ IL ROCK È MORTO. Con tutto il fiato che ho in corpo rispondo l’unica cosa che si può rispondere: SUCAAAAAA!!! Perché il Rock, come la lumaca o il gambero nella versione a mare, anche da morto si fa succhiare.
A1 Keith Richards - I'm Waiting for the Man
A2 Maxim Ludwig & Angel Olsen - I Can't Stand It
A3 Rufus Wainwright - Perfect Day
A4 Joan Jett and the Blackhearts - I'm So Free
A5 Bobby Rush - Sally Can't Dance
A6 Rickie Lee Jones - Walk on the Wild Side
B1 The Afghan Whigs - I Love You, Suzanne
B2 Mary Gauthier - Coney Island Baby
B3 Lucinda Williams - Legendary Hearts
B4 Automatic - New Sensations
B5 Rosanne Cash - Magician
Bonus track (CD & Digital): Brogan Bentley - The Power of The Heart
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