Dopo aver pubblicato l’omonimo e splendido disco d’esordio, un omaggio alle atmosfere del prog italiano piu’ oscuro degli anni ‘70 e a certa cultura horror italiana del periodo, Il Segno del Comando di Diego Banchero cambia la formazione, ora composta per 4/5 da componenti dei Malombra, e pubblica “Der Golem”. Inutile negare che, da grande appassionato di letteratura fantastica, questo album assieme al successivo “Il volto verde”, ha avuto su di me un fascino particolare per gli espliciti riferimenti all’opera del grande scrittore austriaco Gustav Meyrink. In particolare “Der Golem” e’ un concept dedicato al primo (e migliore) romanzo “meyrinkiano”.
Il libro di Meyrink sfrutta abilmente la leggenda ebraica del Golem (un colosso d’argilla plasmato artificialmente dall’uomo tramite la magia) ed è imbevuto dalla cultura della dottrina della Kabbalah. La storia è ambientata nel ghetto ebraico di Praga dove, ogni 33 anni, si manifesta il fantasma del Golem che terrorizza la popolazione. Meyrink evoca un’atmosfera incubica in cui viene magistralmente descritta Praga con il suo retaggio di cultura magica e con il suo ghetto malsano pieno di sordide figure. La città di Praga è considerata da Meyrink come una sorta di “soglia”, crepa che si apre tra il mondo reale e l’aldilà. Gli stessi abitanti di Praga sono visti come delle marionette, degli automi assoggettati ad una forza sovraindividuale che determina tutte le loro azioni. Lo stile narrativo procede per “immagini” e riesce a trasportare il lettore in un vortice delirante di sogni. L’alternanza di onirismo e veglia conferisce alla storia un’atmosfera irreale e da incubo: si narra la vicenda di un uomo (di cui non viene mai fatto il nome) che scambia il cappello con l’intagliatore di pietre preziose Athanasius Pernath di cui rivivrà la vita come in un sogno. Si risveglia in un appartamento nel ghetto ebraico. Uno sconosciuto gli commissiona il restauro di un libro che gli farà prendere coscienza della realtà circostante. Facciamo la conoscenza di personaggi come il rigattiere Aaron Wassertrum, sorta di simbolo negativo, e di Hillel, un impiegato del municipio ebraico, fonte di energie positive. Su tutto aleggia la leggenda del Golem che, rispetto alle tradizioni ebraiche, viene usata in maniera eterodossa. “Der Golem”, di recente, ha avuto ben 2 ristampe in Italia di cui una, splendida, a cura di Tre Editori (2015) con le magnifiche e perturbanti illustrazioni di Hugo Steiner Prag (che impreziosivano l’edizione originale) e un’altra (2018) di Skira, francamente anonima e sciatta.
Dal punto di vista musicale si registrano dei cambiamenti: vengono abbandonate parzialmente le atmosfere anni 70 e si ricerca un sound più moderno e prossimo a sonorità gothic-metal. Nonostante la mia preferenza musicale vada sempre al primo disco in “Der Golem” traspare sempre, in ogni caso, un genuino feeling oscuro. In particolare brani come “Dal diario di un intagliatore di pietre”, “Golem” e l’epica e gotica “Komplott Kharousek” sono realmente spaventosi e intrisi di una cupa atmosfera esoterica. Pur non essendo allo stesso livello del disco d’esordio “Der Golem” ha sempre avuto un fascino macabro ed esoterico che lo rende ancora oggi il classico disco di culto. Non tutto funziona alla perfezione (qualche brano pecca di ispirazione) ma il suono sporco e le ambientazioni malate ci portano direttamente nei vicoli e nel ghetto ebraico della Praga del libro di Meyrink. Degna di menzione la splendida copertina, a cura dell’artista genovese Danilo Capua.
Carico i commenti... con calma