Ci sono dischi importanti al di là del loro valore artistico. Ci sono dischi da ascoltare per il loro valore storico.Ci sono dischi di cui parlare anche se, alla fine, non piacciono. Ci sono dischi che segnano la fine di un'era. Uno di questo è "D'Anime e d'animali" dei PGR. I PGR sono l'ultima creatura dell'albero genealogico ferrettiano che parte dai CCCP prosegue con i CSI e conclude (stancamente) la propria avventura con quest'ultima creatura priva delle chitarre armoniose di Zamboni (in coppia con Ferretti fin dall'inizio), e dopo l'esordio (più interessante del disco che sto recensendo) anche delle sapienti tastiere di Magnelli e della soave voce di Ginevra Di Marco. Un primo ascolto disattento del cd rischia di regalare tanto conforto. La voce magnetica e salmodiante di Ferretti c'è, il sound ereditato dai CSI sembra esserci altrettanto. Ad un secondo riascolto un pò meno distratto, nascono i primi dubbi. Forse sa troppo di CSI che è quasi un paradosso visto che i tre lavori di questa fondamentale band sono comunque frutto di una continua evoluzione e ricerca. Ma la sensazione è che si sia percorso un sentiero musicamente abbastanza facile e scontato (per loro). Non c'è niente che sia veramente brutto (a parte forse PGGGR), ma il fatto che in definitiva non si senta la mancanza di Zamboni sembra più un difetto che un pregio. Poi arriva il terzo ascolto, meno distratto, prestando attenzione ai testi e leggendo anche le note di accompagnamento di Ferretti. E si capisce tutto. Siamo di fronte ad un vecchio amico, lo rivediamo con piacere. Gli vogliamo bene. Ma è cambiato, probabilmente non ci vedremo più, non ci ritroveremo più sulla stessa strada. I testi e i commenti sono una fotografia dell'inizio del percorso (ancora non del tutto compiuto) di Ferretti da punk-comunista a cattolico di rito Ratzingeriano e simpatizzante di Giorgia Meloni. Si dichiara orfano di sinistra, e fin qui nessun problema. Si intravede però la strada (a tratti incomprensibile) dal testo di "Casi difficili" in cui ante-litteram ci troviamo di fronte al classico discorso anti-buonista che tanta fortuna trova attualmente sulle sponde Salvinian-Meloniane. Nelle note a commento di Cavalli e Cavalle si hanno altri indiizi, nel suo attaccare il fondamentalismo laicista (seppur definisce ridicolo quello cattolico) e nell'individuare nell'estremismo islamico il pericolo all'esistenza europea (benchè ne definisca scarso il valore). Altri indizi in "Orfani e Vedove" in cui emerge il suo disamore per la "linea" che era il sottotitolo dei CCCP. Seppur echi di elogio bucolico erano presenti nello splendido "Linea Gotica", qui troviamo una virata ancora più forte verso l'idillio della campagna e sopratutto delle tradizioni, delle radici e dei "buoni valori di una volta". Testi molto autoreferenziali, attorcigliati su se stesso e solo a tratti ispirati. "Vale più un cuore puro e un cazzo dritto di un pensiero debole" o "sia almeno sano scopare, umano atto animale". In "Divenire" emerge ancora il suo rivendicare una sorta di diritto a diventare altro da sè da quello che ha rappresentato (anche se ricordiamo "fate di me un megafono e lo brucerò"). Nonostante tuttoquesto, ancora alcune perle emergono. La prima canzone "Alla Pietra", che rievoca la bellezza istintiva di un concerto vissuto con il gruppo che riporta ad un'atmosfera idillliaca seppur illusoria. O ancora la descrizione delicata dell'atto sessuale in cui spiritualità e istinto animale si uniscono in maniera armoniosa in "Tu e io". Ma sopratuttto la spettacolare "S'ostina" con i testi più ispirati del lavoro in cui emerge tutta la forza di una visione del mondo circolare ma carica di emozione. Un disco che è una fotografia importante per chi ha amato CCCP e CSI nonostante le sue evidenti debolezze. La vera fine di un'epoca. Comunque e sempre riconoscenti lasciamo Ferretti alla sua strada odierna. Questo forse è il suo saluto.

Carico i commenti...  con calma