Progressive?

Epossibile essere ancora progressive?

Non sono sicuro lo sia

I Radiohead sono progressive? Lo sono i Muse?

I Massive Attack? Lo è Aphex Twin?

Potrei dire di sì, in un certo senso, sono progressive

Quello che voglio dire, è che credo che ci sia unambizione che sta tornando nella musica rock, ed è ovviamente una gran cosa

(Steven Wilson, estratto da un’intervista rilasciata il 31.03.2015 a Radio Rock 106.6)

Che cos’è il progressive rock nel 2015? Ha ancora (o ha mai avuto) un senso porsi tale domanda? Lasciando a persone certamente più qualificate del sottoscritto l’ardua risposta, credo che la riflessone offertaci da Steven Wilson sia illuminante.

Ambiziosa.

Che caratteristiche deve avere una canzone, una composizione, o una discografia per poter essere definita tale? Non è facile rispondere. Gli elementi che devono essere presenti sono innumerevoli, non comprimibili in un elenco oggettivo ed esaustivo, che un semplice appassionato di musica, oltretutto, non è certo in grado di stilare.

Se provo ad abbozzare qualcheduno di questi, il pensiero corre subito verso la varietà, la ricercatezza, le mille sfumature dei suoni che ogni gruppo, generalmente ascritto al movimento progressive, ha sempre costantemente ricercato. Non si può poi nemmeno trascurare la tendenza ad articolare e sviluppare le proprie composizioni, onde accompagnare l’ascoltatore in un viaggio affascinante, e spesso di non breve durata. Che dire poi dei testi da accompagnare a tali sonorità? Oniriche, fiabesche, surreali o psicologiche che siano, le liriche hanno sempre rappresentato un terreno fertile ove far crescere e sviluppare il proprio pensiero, spesso personale e anticonformista.

Se questi possono essere gli elementi tali da permetterci di qualificare un certo tipo di musica come ambiziosa, possiamo allora definire in tal modo l’ultima fatica del c.d. golden boy del progressive, Mr. Wilson?

Si. Senza dubbio. Hand. Cannot. Erase., ultimo album dell’artista inglese, è certamente un album ambizioso, frutto di un lavoro intenso e personale, bisognoso di svariati ascolti per essere pienamente apprezzato e gustato.

Dopo l’enorme successo di critica, e di vendite, ottenuto da The Raven That Refused to Sing (And Other Stories) del 2013, la tentazione di ripetere la formula vincente sarebbe stata forte per chiunque, ma l’ex leader dei Porcupine Tree è un artista poliedrico, che non ama ripetersi.

Rilasciato nella maggior parte dei Paesi europei il 2 marzo 2015, Hand. Cannot. Erase. si distingue dal celebrato predecessore già a partire dai testi, ispirati, per lo più, alla drammatica storia di Joyce Carol Vincent (15 ottobre 1965 – 11 dicembre 2003), giovane donna inglese trovata morta nel suo appartamento a quasi tre anni dalla sua morte, senza che nessuno, in quel lasso di tempo, si fosse premurato di cercarla.

La storia di Joyce Vincent è l’emblema di una progressiva e volontaria alienazione dal mondo circostante, una scelta che stupisce e invita a riflettere l’ascoltatore sul valore delle relazioni umane e sullo straniamento dell’individuo moderno all’interno della società, concetto più volte ribadito dallo stesso Steven Wilson nel corso di numerose interviste (se oggigiorno qualcuno volesse scomparire, non vi è posto migliore che il centro di una grande città”).

L’ambientazione urbana e moderna, così distante dalle tematiche gotiche dell’album predecessore, ha influenzato anche la musica dell’artista inglese, che nel corso delle undici tracce ha sapientemente miscelato elementi elettronici, pop, metal e ovviamente progressive rock, dando così all’album quella freschezza e modernità indispensabile per raccontare una vicenda ambientata nel nostro tempo.

Ad aprire l'album ci pensa First Regret, breve intro strumentale, le cui note di pianoforte accompagnano fin da subito l'ascoltatore nelle atmosfere eleganti e malinconiche dell'album, ampiamente sviluppate nella traccia seguente, 3 Years Older, una delle canzoni più marcatamente progressive del disco, oltre che una delle più riuscite. Influenzata dal pop e di facile presa la titletrack Hand. Cannot. Erase., non a caso estratta come primo singolo per presentare l'album. Decisamente elettronica e dall'atmosfera quasi trip hop Perfect Life, seducente rimpianto di un passato idealizzato e ormai irraggiungibile. Un più ortodosso progressive rock torna a cullare l'ascoltatore con Routine, canzone impreziosita dalla delicata voce della cantante israeliana Ninet Tayeb. In primo piano la batteria di Marco Minnemann nella successiva Home Invasion, che dopo un inizio dalle forti tinte heavy metal, lascia spazio alla classe dei singoli musicisti, liberi di sviluppare le loro trame musicali fino alla successiva, e senza soluzione di continuità, Regret #9. Dopo il breve intermezzo acustico Transience, Steven Wilson e soci si cimentano in un'altra lunga suite progressive, Ancestral, lievemente meno riuscita della iniziale 3 Years Older. Conclude l'album il binomio, anch'esso senza soluzione di continuità, Happy Returns - Ascendant Here On..., assoluto climax emotivo del disco, dove la straziante chitarra di Guthrie Govan riesce a sottolineare la tragicità degli ultimi istanti di vita di Joyce Carol Vincent, morta probabilmente per un attacco di asma mentre, in una notte di dicembre, era intenta ad impacchettare alcuni regali, segno, forse, della sua volontà di ritornare alla vita dopo il gorgo in cui era stata risucchiata.

Un disco emozionante, profondo e ambizioso, magistralmente suonato e prodotto da parte di un artista che si pone, ormai da anni, come punto di riferimento dell'odierna scena progressive rock.

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