Orazione
Amici, Debaseriani, musicofili, prestatemi orecchio; io vengo a ricordare Nanà, non a seppellirlo. La buona musica che gli uomini fanno spesso sopravvive loro; i loro casi personali sono spesso sepolti con le loro ossa; e così sia di Nanà. Il Critico v’ha detto che Nanà era bravo, dotato tecnicamente, seppure autodidatta, ma che suonava con tutti, anche in lavori di non eccelso spessore: se così era, fu un ben grave difetto. Qui, col permesso dei Critici e del Debaser e degli altri – ché il Critico è uomo d’onore; così sono tutti, tutti uomini d’onore – io vengo a parlare in ricordo di Nanà. Egli fu, per noi un amico, prolifico e generoso della sua arte: ma il Critico dice che fu poco ambizioso e troppo popolare; e il Critico è uomo d’onore. Molti dischi egli ha reso più luminosi, il valore dei quali ha riempito il cuore e le orecchie di chi aveva cuore ed orecchie: sembrò questo atto troppo commerciale in Nanà? Quando i poveri di talento hanno pianto, Nanà è corso in loro aiuto, suonando con tutti loro: la resa al mercato dovrebbe essere fatta di più rude stoffa; eppure il Critico dice ch’egli fu più session man che compositore; e il Critico è uomo d’onore. Tutti vedeste come otto volte gli presentarono il Grammy e altrettante il premio come miglior strumentista: fu questa dimostrazione di poca creatività? Eppure il Critico dice ch’egli fu poco ambizioso, qualcuno – Oh orrore! - lo ricorda pure sul palco di Sanremo; e, invero, il Critico è uomo d’onore. Non parlo, no, per smentire ciò che il Critico disse, ma qui io sono per dire ciò che io so. Tutti lo amaste una volta, né senza ragione, sia stato per “Duas Vozes” o per l’incanto tropicalista di “Saudades” o,magari, per la sua collaborazione con Pino Daniele: qual ragione vi trattiene dunque dal piangerlo? O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la ragione. Scusatemi; il mio cuore giace là nella bara con Nanà e debbo tacere sinché non ritorni a me.
Pur ieri la musica di Nanà avrebbe potuto dare altra gioia al mondo intero: ora egli giace là, e non v’è alcuno, per quanto basso, che non gli renda onore.
Ma qui è il lascito della sua Musica, è il suo testamento: che i debaseriani odano soltanto questa musica, che, perdonatemi, io non intendo di ricordare e citare a memoria, se l’ascoltassero andrebbero a cercare i resti del morto Nanà, ed immergerebbero i loro cuori nell’opera di lui; anzi, chiederebbero un disco (o persino un file mp3 o flac che sia) per ricordo, e morendo, ne farebbero menzione nel loro testamento, lasciandolo, ricco legato, alla prole.
Pazienza, gentili amici, non dovremo aspettare molto (il mercato ci elargirà, dietro adeguato compenso, tutto quello che di lui si potrà vendere); non è bene che voi sappiate quanto Egli con la sua Musica vi amò. Non siete di legno, non siete di pietra, ma uomini, e essendo uomini, e udendo la sua musica capireste quanto abbiamo perso.
Ho sorpassato il segno nel parlarvene in questo modo?. Temo di far torto ai Critici ed ai Competenti; invero, lo temo.
M’obbligate dunque a citare i suoi lavori? E allora fate cerchio attorno a me che io vi citi le sue opere. E me lo permettete?
Se avete cuore ed orecchie, preparatevi ad aprirli adesso. Tutti conoscete “Africadeus”: io ricordo la prima volta che lo ascoltai; era una serata estiva, nella mia stanza, il giorno in cui scoprimmo il ritmo: guardate, qui il pugnale della critica l’ha trapassato: mirate lo strappo che le vendite minori delle attese hanno fatto; e poi venne “Amazonas” e poi “Dança das cabeças” e poi altri che è lungo dire – furon più di venti – ma fu solo con “Cundalini” che si cominciò davvero a conoscerlo
Un Male subdolo fu il più crudele colpo di tutti, quello che lo piegò, e quando i suoi polmoni si ammalarono lui non si fermò, il nobile Nanà continuò a suonare ed a sognare di musica, ma proprio mentre suonava – su un palco - cadde. Oh, qual caduta fu quella, miei compatriotti! Allora io e voi, e tutti noi cademmo, mentre il Silenzio trionfava sopra di noi. Oh, ora voi piangete; e, m’accorgo, voi sentite il morso della pietà: queste son generose gocce. Anime gentili!
Buoni amici, dolci amici, che io non vi sproni a così subitanea ricerca di album, raccolta o tributi tutti postumi.
Coloro che commetteranno questa azione - di offrirci album, raccolte o tributi postumi - sono uomini d’onore; quali private cause di interesse essi abbiano, ahimè, io ignoro, che li hanno indotti a commetterla; essi sono saggi ed uomini d’onore, e, senza dubbio, con ragioni vi risponderanno.
Non vengo, amici, a dirvi cosa ascoltare e cosa no, cosa comprare e cosa no. Non sono un oratore, né tantomeno un Critico; bensì, quale tutti mi conoscete, un uomo semplice e franco, che ama la sua musica; e ciò ben sanno coloro che mi han dato il permesso di parlare qui su Debaser di lui: perché io non ho né l’ingegno, né la facondia, né l’abilità, né il gesto, né l’accento, né la potenza di parola per scaldare il sangue degli uomini: io non parlo che alla buona; vi dico ciò che voi stessi sapete; vi mostro le bellezze del dolce Nanà, ma se io fossi il Critico saprei dirvi con più precisione cosa e dove cercare nella sua Arte.
Ma infine, ecco il testamento, e col sigillo dell’Artista: ad ogni cittadino del mondo egli dà, ad ognuno individualmente, ventuno dischi solisti.
Ascoltatemi con pazienza.
Inoltre, egli vi ha lasciato tutte le sue partecipazioni, le sue collaborazioni, le sue idee e le decine e decine di incisioni per chiunque lo abbia cercato; egli le ha lasciate a noi ed ai nostri eredi per sempre: pubblici luoghi di piacere, per ascoltare e per divertirvi. Questo era Nanà! Quando ne verrà un altro simile?

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