Partiamo da una premessa: bastano quattro fuoriclasse per raggiungere l'apice? Ni, perchè se così fosse l'Inter avrebbe vinto 50 scudetti e non solo 15 e lo stesso discorso può valere anche per questa Superband, i cui precedenti due album erano stati accolti da un fuoco di fila di critiche per la lentezza e l'eccessiva presenza di pezzi dall'appeal troppo commerciale ("Be Yourself" e la pur splendida "I'm The Highway" per citarne una per album). La situazione è cambiata? Decisamente sì ed ora vedremo come.
Poichè alcuni recensori di questo stesso sito a volte dimenticano di chi si sta parlando e offendono senza problemi gli artisti (leggetevi alcune recensioni dell'omoniimo Audioslave e converrete con me), vorrei ricordare che la band comprende Chris Cornell (ex leader dei Soundgarden, votato dodicesima miglior voce della storia del rock davanti anche a Sua Maestà Robert Plant), Tom Morello (chitarrista italoamericano che pur sapendo suonare come Jimmy Page si diletta a fare il rumorista), Brad Wilk (forse meglio conosciuto come Y.tim.K.) e Tim Commerford. Gli ultimi tre hanno fatto la fortuna dei Rage Against The Machine insieme con Zack De La Rocha.
L'album si articola in 12 tracce tutte riconducibili al classico sound metal-post grunge della band. La prima è la title track "Revelations" ritmata e stupendamente arricchita da un assolo modificato dalla chitarra di Morello e inframmezzata da un intermedio dove Cornell la fa da padrone. Segue "One And The Same" che potremmo etichettare come la classica canzone metal-pop con un ritornello facile da ricordare e con urla di battaglia che faranno felici i metallari più puri. La terza traccia è "Sound Of A Gun" dove protagonisti assoluti sono voce e rif stile RATM, mentre la sezione ritmica si mantiene in secondo piano. "Until We Fall" è una melodrammatica metal ballad che possiamo dividere in due sezioni, la prima caratterizzata da una chitarra semiacustica e da un virtuosistico cantato monotonale e la seconda dalla scarica di potenza chitarra+semi urlato. Poi irrompe l'ottimo funky dell'indovinata "Original Fire", primo singolo estratto dall'album. "Broken City", "Somedays", "Shape Of Things To Come" e "Jewel Of The Summertime" costituiscono la parte meno azzeccata dell'intero album e, pur avendo tutte quante testi di prim'ordine, le uniche cose a sostenerle sono voce ed appeal del cantante che cerca di trasmettere gli echi epici dei pezzi dei Soundgarden, purtroppo con esito diverso. Poi, come se si fosse acceso un interruttore, inizia la vera gemma dell'album, ovvero "Wide Awake", bellissima canzone di protesta contro l'immobilismo dell'amministrazione Bush in occasione dell'uragano Katrina con un testo profondo e una chitarra limpida e priva di ogni effetto,anche nel breve assolo. Penultima è un'altra metal ballad à la "Like A Stone" intitolata "Nothing Left To Say But Goodbye": ad un loop di chitarra ripetuto ed improvvisamente accelerato in prossimità del ritornello si unisce un'interpretazione magistrale data dalla splendida voce di Cornell. Chiude l'album "Moth" con un riffone ignorante di Morello che richiama echi di "Guerrilla Radio" ed un cantato dolce che si alterna a momenti più spigolosi.
Non è un album che farà la storia della musica, ma è riuscito a dimostrare che anche gli Audioslave sono stati in grado di creare momenti di musica splendida. Non tutti saranno contenti in special modo chi criticava il progetto e riteneva che dovesse essere sciolto dopo il primo album e anche i criticoni "politici" nostalgici che non facevano altro che dire "certo che I Rage Against The Machine erano tutta un'altra cosa", ma questo canto del cigno da parte della band è stata sicuramente la migliore risposta che si potessero meritare.
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