La Norvegia non è di certo ricordata tra le nazioni che hanno contribuito a diffondere il progressive nel mondo. Esiste però un gruppo, gli Aunt Mary, che meritano di essere citati, se non per aver creato una nuova corrente musicale, almeno per averne interpretato alla perfezione le caratteristiche di quella esistente.
Nel 1973 infatti, la band in questione produce l'album "Janus", ed è il loro terzo ed ultimo disco in studio.
I componenti erano Bjoern Christiansen (chitarra, voce), Bengt Jensen (tastiere), Svein Gundersen (basso, voce) e Kjetil Stensvik (batteria), tutti dotati di enormi qualità tecniche, che permettevano loro di esprimersi in un progressive piuttosto spinto, che a tratti ricorda gli ELP e i primi King Crimson.
La prima traccia è "Path Of Your Dream". Ritmi frenetici, chitarra impazzita e tastiera che dirige il tutto. L'intro viene interrotto da un synth, che chiama la voce del cantante (non male per altro!) a cui vengono accompagnati dei cori di buona fattura, il tutto per creare un piacevole intermezzo prima del ritorno a sonorità cupe e hard.
Segue "Mr. Kaye" che rompe il tema precedente con un brano meno impegnativo e di breve durata (2 minuti), se non altro prima di tornare ai livelli del primo con gli acuti "Norturnal Voice" dove la chitarra la fa da padrona con un buon motivo, prima dell'assolo che occupa buona parte della canzone, interrotto da una rullata dove Stensvik fa sentire tutti i suoi tom.
Nel finale da notare una ripresa del tema presente nella prima canzone, che sancisce la chiusura di questa mini-suite di tre pezzi distinti. Continuiamo su climi hard con "For All Eternity", dove trova spazio anche una parte più rilassata che segue al frastuono iniziale. Belli i cori e i fraseggi di tastiera uniti ad accordi di chitarra acustica. Da ricordare anche ottimi assoli di sintetizzatore e chitarra elettrica.
Segue "Stumblin' Stone", un crescendo con riff di basso, accordi secchi di chitarra e tappeto di organo, prima dell' esplosione, dove si può apprezzare la bravura dei musicisti. Tutto l'opposto "All We've Got To Do is Dream". Nel senso che di hard questa canzone non ha nulla, ma non per questo il gruppo stona. Anzi il brano è una piccola perla con atmosfere delicate e sognanti (come dice il titolo) con la chiusura lasciata alla chitarra classica che ricama note armoniose. Fantastica, nonostante la durata sia di 2 minuti soltanto.
Cambiamo registro con "Candles Of Heaven", che ricorda molto la suite degli ELP "Tarkus". Nonostante ciò il pezzo non è male, ed è suonato come al solito molto bene, malgrado le parti complesse di tastiera, simili alle impennate di Emerson. Il tutto sfuma nell'ultima canzone dell' album, "What a Lovely Day", con atmosfere più rilassate e distese, ma che crescendo portano ad un bell'assolo di chitarra che dà ad essa una sensazione di maestosità.
Si chiude così "Janus" (che ho dimenticato di dirlo, è cantato in inglese), e con esso la carriera del gruppo, che avrà solamente l'opportunità di una reunion nel 1980, con l'uscita di un live l'anno seguente, questa volta come trio.
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