"Cavity Job" è un ep tutt'oggi molto ricercato, si tratta infatti del debutto degli Autechre risalente al lontano 1991, limitato a 1000 copie, pubblicato su di una sconosciuta etichetta inglese campata appena un anno e tre uscite, fuori stampa da vent'anni e ancora oggi tra le release più particolari del duo inglese, non tanto per la qualità, tutt'altro che rimarchevole, piuttosto per il fatto che - caso più unico che raro - non ci sono tracce di sperimentazione, genio, idee, seghe tecnico-tecnologiche e tutto il resto che farà del progetto di Manchester un punto di riferimento per la storia e gli sviluppi più recenti della musica elettronica.

Warp ha recentemente ristampato gran parte dei loro ep in un prestigioso cofanetto, comprendente anche "Cavity Job" per chi se lo fosse perso, sebbene le versioni inserite siano state inspiegabilmente tagliate, idea poco brillante opzionata tralaltro solo per i brani di questo ep, praticamente l'unico per la quale il buon 70 % degli acquisti sarebbe stato programmato/giustificato, e che evidenzia ancora una volta, qualora ve ne fosse stato bisogno, l'inesorabile e vergognoso declino della Warp. Non equivale a possederne il ricercato vinile, ma viene utile per chi volesse capire da dove comincia la storia Autechre, una storia che nel bene e nel male continua ancora oggi, tra alti (1993-1996), altissimi (1997-2005) e bassi (2006-oggi), bassi che comunque, è bene dirlo, non sono altro che gli alti per molti dei produttori presunti eredi degli Autechre (Funckarma, Jega, Clark etc.), un appellativo che possiamo riconoscere tuttalpiù a gente con le palle quadre - e che sa cosa significhi sperimentare - come Hecq, Otto Von Schirach, Devine e pochi altri.

E "Cavity Job" in che categoria lo piazziamo? Difficile dirlo, per il fatto stesso che si tratta di una release che sembrerebbe tutto meno che prodotta dagli Autechre. Parliamo di un primordiale miscuglio ultra-oldschool di altrettante correnti oldschool quali la prima techno belga stile R&S, i classici della cosiddetta scena 'Bass & Bleep' e l'uk-breakbeat-hardcore formato rave delle prime Moving Shadow / Suburban Base o di Jack Dangers (poi portata al successo più in la dai Prodigy degli esordi con brani quali "Charly"), generando un ep che suona inoltre molto vicino ai primi dischi degli Orbital, sfoggiando peraltro reminescenze sintetiche nemmeno troppo lontane dall'acid-techno olandese, allora in gran spolvero. Un ep tutt'altro che originale quindi, e che diciamocelo, è invecchiato malissimo, oggetto culto per i feticisti della polvere, completisti ossessivi-compulsivi degli Autechre e nulla più. 

"Cavity Job" si avvia con un improbabile campione vocale (sgamato agli Hawkwind) composto da rantoli e bizzarri gargarismi, per poi lasciare spazio ad una linea di basso sporca e acidosa sulla quale si posa deciso il tamarrissimo break, che tra campioni ripetuti all'infinito, scratch, ritmi programmati random e melodie sbilenche non sembra andare da nessuna parte; non è meglio la chiusura, con laser stile primi videogame arcade e un pastone di tutti i suoni sparati insieme senza alcun filo logico nel finale. Non è un brutto pezzo considerato l'anno, lo è però per gli Autechre, e lo è considerando che da li a breve sarebbero usciti - o erano già appena usciti - tutti i più grandi classici di correnti breaks et similia, classici di ben altro spessore, indimenticati ancora oggi, sell-out dalle cifre di vendita d'altri tempi, da "Papua Nuova Guinea" (Future Sound of London) a Radio Babylon (Meat Beat Manifesto), da "Bombscare" (2 Bad Mice) a "Keep The Fire Burning" (The House Crew) senza dimenticare "Atheama" (Nebula II), "The Sound Of Eden" (Shades Of Rhythm), "Can You Feel It" (Elevation), "Trip II The Moon" (Acen).

La breakbeat-hardcore, non è una novità, è stata trampolino di lancio per molti artisti, soldi facili per altri, occasione di riciclo nei figliastri jungle/drum'n'bass/big beat per altri ancora meno eclettici; Acen ad esempio sparirà per anni nel nulla mentre probabilmente si stava ancora godendo la cifra immane di soldi guadagnati con le sue leggendarie hit, i Prodigy faranno sonstanzialmente lo stesso pezzo di sempre ma cambiandone nome (big beat) e aggiornando/potenziando i suoni, Jack Dangers continuerà con la breaks più classica coniandone una nuova forma influenzata dal funk ben prima del furbo commercialone Fatboy Slim, per poi sperimentare su territori ambient e dubstep, Future Sound of London sperimenteranno ogni genere possibile sfociando persino nel rock psichedelico, mentre degli Autechre - che al genere si ci avvicinarono quasi per gioco, essendo all'epoca principalmente fan di sonorità hip hop, dub e miami bass - sappiamo già come andrà a finire, ne abbiamo parlato ampiamente. Andrà a finire con tutta una serie di innovazioni e sperimentazioni con pochi eguali sul panorama elettronico, un futuro che in parte possiamo già scorgere col microscopio su "Accelera 1 & 2', con quei pad organici e cavernosi che fanno molto 'Incunabula', per un brano che alla fine non si discosta molto dalla facciata A, ma laddove quest'ultima mostrava ancora ancora reminescenze technoidi qui siamo completamente in territori breaks. 

Un ep a cui dare più rilevanza biografica che altro, e che sarebbe stato facilmente dimenticato se al posto degli Autechre vi fosse stato un qualsiasi altro ragazzino inglese alle prese con drum-machine e campionatori d'annata, ma che trovo giusto ripescare e provare a dargli il giusto spazio, dal momento che se andiamo a vedere le spesso pretenziose mono/bio/approfondimento-grafie di questo duo in giro per il web, noteremo come vengano tralasciati di default gli ep, errore madornale per un formato che da sempre è il cuore dell'elettronica. Una parola che ora più che mai fa rima con Autechre.

Carico i commenti...  con calma