Più dark di così... si muore!
E la morte ti è prospettata da questo gruppo bostoniano come liberatoria e consolatoria, con testi il cui messaggio è un invito a dissolversi nell' unica vera forma di rilassamento dalle tensioni. Tra suoni cupi, voci al contempo chiare ma mai in risalto, l' invito, nell'intro "Commemoration" si sviluppa nei toni di arcano mistero e desolazione assoluta. Il brano che segue, "Ophelia's Crown" narra come lei, con un sorriso, osservi lui morire. Il mesto resoconto è seguito da un duetto di Ted ed Erika più ritmato ma sempre angoscioso, la cui sonorità può ricordare i Jefferson Airplane inscuriti per bene. Ed ecco la meravigliosa "Dawn" cantata dalla bravissima Erika Swinnich, in grado di modulare la voce con passaggi dall'etereo al corposo. Un senso di sospensione pervade questo brano e l'intero album, puntellato dal suono di violini a volte volutamente stentorei.
Stupenda "Remember" accompagnata dal flauto traverso e ritmata dal tamburello e dagli accordi di chitarra. "Se dovessi morire prima che mi risvegli / che il sonno sia la mia tomba...". Segue "Flight": pianoforte, flauto e violini fanno a turno per predominare sugli altri strumenti e accompagnano la malinconica melodia dal ritmo di una marcia funebre e dall' atmosfera di un campo di campagna brullo ricoperto dalla nebbia. L'angoscia è resa col massimo lirismo in "The Beauty in All Things", che credetemi, se siete particolarmente sensibili è a malapena sopportabile, è veramente "L'urlo" di Munch in musica dark, l'urlo di chi ha perso la speranza, interno, lungo, lento, straziante... e tuttavia melodico! In questo pezzo poi, il "na-a-aa" di Ted e Erika, fatto con voce nasale, mi ricorda un po' i cori popolari sardi. Posso capire che questo particolare lasci perplessi, ma credetemi che se c'è un gruppo difficile da recensire, talmente distante da tutti gli altri e perciò senza punti di riferimento o appigli per il recensore, è questo.
A chi paragonarli? Non agli Arcana, così gravi. Non agli Avrigus che in confronto a loro sembrano il coro di voci bianche della cattedrale di Oxford, pervaso da serenità serafica. Agli Unto Ashes di "Don' t Fear the Reaper?" No, manca nelle composizioni e nel tono della voce degli Unto Ashes l'elemento centrale degli Autumn Tears, la mancanza di speranza.
Il pezzo più originale e con "The Beauty of All Things" inquietante è il penultimo, "At a Distance", che si apre con un accordo di chitarra cadenzato dal suono delicato di campanellini; su questo si inserisce la voce di Erika con le parole sulla morte consolatrice: "how gently/death kisses me" "and it's so quiet here" (come mi bacia dolcemente / la morte. Com' è tranquillo qui). Poi violini e un altro tipo di percussione, che non identifico ma ricorda un bongo, arricchiscono la struttura. Parte un crescendo di suspence che sfocia nel finale potentissimo, al limite della sopportabilità emotiva, della ripetizione della frase "Se anche i miei occhi non possono più vederti, ti scorgo in lontananza", con la voce di Erika, irreale, che sembra provenire dalla soglia tra vita e morte.
L'album termina con la mesta e trascinata "Eclipse" e la catarsi è completa: ecco, l'hanno espressa loro l'angoscia, tu ti puoi anche rilassare al dolce finale del pianoforte che chiude il cerchio dell'insieme omogeneo dei brani. E hai ascoltato musica vera, non sperimentazioni.
Band difficile, raffinata e da intenditori. In una delle rare recensioni sul loro lavoro che ho trovato qualcuno ha scritto: ambient. Ambient? Ma stiamo scherzando? L'unico ambient adatto per gli A.T. è l'obitorio! Vi dico perché di voto ho dato 5 stelle: gli A.T., insieme a Sopor Aeternus, sono il mio gruppo preferito e Eclipse, loro ultimo lavoro, rappresenta secondo me la maturità artistica del gruppo ed è superiore alla trilogia di "Love Poems for Dying Children".
Spero di avervi incuriosito e che la schiera dei fan degli A.T. si ingrossi. Nel guestbook del loro sito ufficiale tantissimi hanno espresso la loro gratitudine al gruppo ancora troppo poco conosciuto in Italia.
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