Quando il funk è una torta da tagliare a fette

Il taglio della torta. Un rito che, nelle nostre società occidentali, si associa invariabilmente alle occasioni di festa, ai sorrisi, alle strette di mano, ai baci, agli abbracci, alle frasi gioiosamente enfatiche, dette e ascoltate con piacere. Tutt'altra atmosfera accompagna invece l'uscita del terzo album da studio del gruppo soul funk scozzese The Average White Band, con tutto che il titolo del disco sia proprio "Cut The Cake". Per loro l'atmosfera è quella del lutto. La disgrazia si abbatte sui sei musicisti in quel 1974 in cui era prevista l'uscita del loro nuovo long playing. Un'overdose di eroina ha stroncato uno dei pilastri della line-up, il batterista Robbie McIntosh. La band è riunita presso il club Troubadour di Los Angeles. Ci si può distendere ora, si può festeggiare, eccome no: le vendite del secondo album, dal titolo eponimo "AWB", stanno andando così bene da aver già meritato ai sei ragazzi scozzesi il disco di platino in pochi mesi di presenza nelle classifiche.

Dicono sia stata una fatalità. Non doveva succedere. Qualcuno ha forse voluto scherzare con Robbie durante il party non-stop al club, tra i fiumi di alcool e le gig della band che suona dal vivo le hit dell'ultimo Lp per il diletto degli happy few convenuti. E invece lui ci è rimasto. A questa tragedia i membri del gruppo reagiscono con il più totale sbandamento psicologico. Il seguito al fortunatissimo secondo album era in realtà già praticamente pronto. Era pronto anche il titolo. Doveva essere vagamente celabrativo, avere a che fare con un'idea di festa. E di festeggiare ne avevano ben donde. Chi, infatti, poteva immaginare che una band bianca venuta dalla Scozia, che faceva funk con occhiate al soul e all'R&B, sarebbe riuscita con soli due dischi a imporsi sulla scena della black music internazionale, arrivando a collocarsi alla pari e senza complessi d'inferiorità con mostri sacri dominatori di charts e discoteche quali Earth Wind & Fire, Tower of Power, Kool & The Gang? All'epoca del debut album "Show Your Hand", e si era nel 1973, quasi tutti guardavano ai sei scozzesi con sorrisini di sufficienza, e loro stessi, in fondo, non dovevano credere più di tanto che un tale successo sarebbe stato possibile.

E adesso, quando sembrava che il sogno si fosse fatto realtà, la morte di McIntosh giungeva a dire che la realtà era un'altra, e che il sogno si era infranto come una sfera di fragilissimo cristallo contro l'istante in cui la siringa era entrata nella vena del batterista poco più che ventenne. Il fondatore del gruppo, nonché vocalist, bassista e chitarrista, Alan Gorrie, pensa già allo scioglimento, nella certezza che non sarà possibile trovare un batterista con caratteristiche non già uguali, ma nemmeno paragonabili a quelle di McIntosh. Ma ecco l'evento inatteso e risolutore. McIntosh aveva un amico, anch'egli batterista, un afroamericano che viveva a Brixton. Si chiamava Steve Ferrone. Saputo della morte dell'amico, Ferrone va a portare le proprie condoglianze a Edith, la moglie di Robbie. Di lì a qualche giorno incontra seduti a un tavolo di un bar i ragazzi della AWB, completamente prostrati e ammutoliti. Si avvicina a loro e abbassa la voce: "Sarebbe sciocco mollare adesso (un altro singolo estratto da "AWB", "Pick Up The Pieces", era intanto arrivato in quei giorni in vetta alle charts Usa, nda). Sono certo che Robbie non lo avrebbe voluto. Se c'è qualcosa che posso fare per voi, vi aiuterò".

Nonostante queste parole forti, che avrebbero dovuto infondere coraggio e determinazione per andare avanti, i cinque sprofondano sempre più nel loro scoramento collettivo. Ci vuole l'intervento niente meno che di Ahmet Ertegun, il leggendario fondatore e presidente della Atlantic Records, per scrollare i ragazzi della band dalla loro catalessi depressiva. Ertegun praticamente impone l'ingresso di Ferrone, tra l'altro legato in quel momento da vincoli contrattuali a un'altra casa discografica, nella line-up della Average White Band. Non solo. Ma addirittura mette a disposizione la propria sfarzosa residenza estiva di Southampton, e questa diventa lo splendido ritiro in cui la band, che ha finalmente trovato un nuovo batterista, può mettere a punto i brani del nuovo album.

I sei componenti di AWB entrano quindi nella casa di Ertegan del dicembre del 1974 con l'obiettivo specifico di eleborare nella veste definitiva i brani per il nuovo album. Lavorano molto, usando le esibizioni dal vivo date nel contempo per ricavare idee da far diventare canzoni, ma, come avranno a dire alcuni dei membri della band, lo stato d'animo che li accompagna in quei mesi non è certo il più adatto per dar luce a una creazione artistica. Tuttavia, il totale supporto materiale e psicologico fornito loro da staff e casa discografica, inteso a evitare lo scoglimento del gruppo, si rivela decisivo e il risultato finale è all'altezza delle aspettative più ambiziose.

L'abum "Cut The Cake" esce nel 1975, prodotto da Arif Mardin per Atlantic Records. Contiene dieci brani. A trentadue anni di distanza sorprende la freschezza del sound. L'esattezza da orologio svizzero della sincronia nel blocco sezione ritmica (batteria, percussioni: Stephen Ferrone, già citato; basso: Hamish Stuart) - pattern di chitarra elettrica (Hamish Stuart, Onnye McIntyre, Alan Gorrie); la pulizia formale della sezione fiati (sax contralto e baritono: Roger Ball; sax tenore e flauto: Malcom "Molly" Duncan), la precisione dei falsetti di Hamish Stuart e il calore dei cori gospel. Ascoltando queste dieci tracce capiamo che siamo in presenza di un classico. Sonorità e ritmi che hanno fissato un canone che non muterà più: il genere funk.

In quest'album i musicisti della band introducuno un'innovazione tecnica fondamentale rispetto ai lavori precedenti, e precisamente nella concezione delle partiture di chitarra. Prendendo spunto da alcune esibizioni live di James Brown a cui assiste in quel periodo, Onnie McIntyre decide di suddividere il lavoro tra sé e colleghi: una chitarra esegue le parti ritmiche, le altre due vengono utilizzate per il "picking". Questa tecnica è molto ben distinguibile nell'intro del primo brano, la title-track "Cut The Cake" (ascoltate il sample). Gli assoli di chitarra vengono praticamente annullati, a favore di un intrigante intreccio di ritmica e "picking"; questa tessitura armonica conferisce al primo brano una decisa connotazione Rhythm & Blues. Altri membri del gruppo portano il proprio contributo in particolari soluzioni degli arrangiamenti: notiamo il tocco di raffinatezza dato dai campanelli di Ferrone in "School Boy Crush", primo hit estratto dall'album, oppure il sitar di McIntyre nella ballad "Why".

L'ascolto di questo album risulta ancora adesso piacevole, particolarmente alcuni brani sono a tal punto rifiniti stilisticamente da non accusare per niente il peso degli anni: oltre all'omonimo brano di apertura, meritano sicuramente l'attenzione del nostro apparato uditivo la cover di un brano di Leon Ware e Pam Sawyer, "If I Ever Lose This Heaven", la struggente ballad "Cloudy" e un accattivante brano da discoteca come "Groovin' The Night Away".

Dopo questo album, The Average White Band non riuscirà più a esprimersi ai livelli dei lavori precedenti. Hard rock e punk prima,  gruppi New Romantic ed elettro pop poi metteranno a dura prova la tenuta di questo gruppo che produceva musica, dopotutto, commerciale, per quanto di eccellente fattura, ed era per questo molto sensibile ai mutamenti del gusto del pubblico che decreta il successo ovvero l'oblio  di cantanti e gruppi musicali. L'utimo capitolo della vera Average White Band viene scritto nel 1982, con l'album "Cupid's In Fashion". Dopodiché ognuno dei sei musicisti va per la propria strada. Gorrie incide un Lp da solista, "Sleepless Nights" (1985). Stuart diviene il chitarrista a tempo pieno di Paul McCartney, Ferrone diviene il batterista dei Duran Duran. In realtà, non c'è mai stato uno scioglimento definitivo, e il gruppo, pure con formazioni diverse, continua a esistere e a dare concerti, uno dei quali è documentato nel recente cd "Soul & The City" (2006).

"Cut the Cake" resterà comunque a futura memoria come un classico nonché capolavoro del genere funk.

 

The Average White Band, "Cut The Cake", 1975 & 1993 Atlantic Recording Corp.

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