"Squadra vincente non si cambia."

O sarebbe meglio dire composizione. Sì, perchè Axel Rudi Pell in ben 35 anni di carriera, di cambiare non ne ha mai avuto la minima idea. A differenza di molti altri però, "The German Guitar Wizard" ha sempre voluto far percepire a chi si approcciasse ai suoi album, quel senso di diversità rispetto agli album precedenti, a volte nelle sonorità, altre volte nel tipo di tematiche affrontate, seppur non scostandosi mai da una virgola da quell'heavy metal che lo ha reso famoso negli anni.

Devo dirlo, non mi sono mai aspettato niente di diverso dal vecchio Axel, sapevo al momento dell'acquisto cosa andavo a prendere, sapevo che avrei trovato i soliti riff, il solito Johnny Gioeli alla voce con la sua magnifica voce, sapevo anche l'ordine dei pezzi che erano presenti sul disco, introduzione acustica, pezzo tirato, pezzi lunghi e epici, praticamente se avessi portato la discografia di Pell all'esame di maturità ne sarei uscito con 100/100, e pure con lode.

Seppur criticato da molti come un emulatore più semplice dello stile di Ritchie Blackmore, Axel è sempre riuscito a lasciare il suo marchio indelebile sui suoi dischi, sopratutto su pezzi più articolati come "Comin' Home", "Black Moon Pyramid", o "The Gates Of The Seven Seals", famosi per le fantastiche intepretazioni vocali di Gioeli , le sfuriate dietro le pelli di Mike Terrana, e gli assoli di Pell, tanto prevedibili e già sentiti per alcuni, quanto emozionanti e da brividi per altri.

E disco dopo disco, Axel è ancora qua.

Dal 1998, sempre presente ogni due anni con la sua nuova uscita, e puntualmente anche quest'anno con il nuovo, diciamo così, "Knights Call". Prima cosa che colpisce è la produzione del disco, decisamente più pulita rispetto aL precedente "Game Of Sins" (2016), e che permette di far risaltare pezzi più immediati come l'iniziale "The Wild And The Young" e "Slaves On The Run", con quest'ultima che ha dalla sua un ottimo riff che non fa calare l'attenzione. Addirittura anche il pezzo di introduzione al disco, "The Medieval Overture" riesce a collocarsi come un buon preambolo a ciò che seguirà, evitando quei due accordi e gli usi di sintetizzatori che Axel era solito usare da un paio di album a questa parte. Spiccano come canzoni dal minutaggio più elevato invece "Beyond The Light" con una prova dietro il microfono di Gioeli da A maiuscola, e un'atmosfera creata dalla chitarra di Axel irrepetibile, e "The Crusaders Of Doom", pezzo che sembra fondere le sonorità Heavy/Epic dei primi Warlord con i Saxon dei primi anni 80'. Non mancano però episodi meno riusciti come la banalissima ed evitabile "Long Live Rock", che vuole fungere da una sorta di inno musicale, ma che risulta troppo elementare, e "The Wildeast Dreams", che manca completamente di mordente, caratteristica che invece ha fatto la fama musicale di Axel. Ineccepibile invece la prova di Bobby Rondinelli alla batteria, magistrale e preciso come pochi, soprattutto sulla già citata "Tower Of Babylon".

Cosa dire di più su un artista che passati tutti questi anni, riesce ancora a dimostrare di saper pubblicare materiale degno di più di qualche ascolto, e con una formazione rimasta pressochè ispirata rispetto a 15 anni fa? Poco e niente, Axel Rudi Pell rimane fedele a sè stesso, molti lo criticheranno per la sua rara testardaggine, ma altri ancora lo apprezzeranno per ciò che fa, dare a ogni suo ascoltatore un pezzo della sua passione e tramutarla in emozioni. E se io, che regolarmente prendo ogni suo disco il giorno stesso dell'uscita ascoltandomelo più e più volte con la stessa passione di anni fa, allora di emozioni il vecchio Axel deve avermene lasciate tante, e non posso che ringraziarlo.

3.5

Carico i commenti...  con calma