Sto cominciando seriamente a pensare che Arjen Anthony Lucassen ci goda a far provare a tutti i suoi ascoltatori un senso di totale inadeguatezza e piccolezza di fronte ai suoi (capo)lavori, si perchè diciamocelo, da "The Final Experiment" del 1995 mr. Ayreon ne ha sbagliate davvero poche, vuoi per il grande spessore artistico di questo uomo o perchè ha trovato la ricetta perfetta per comporre progressive rock/metal, fatto sta che davvero canzoni minori nella sua discografia se ne trovano pochissime, e anche quest'ultimo "01011001" datato 2008 non si sottrae a questo giudizio.
Contornato da un cast di ospiti davvero stellare, composto, giusto per fare qualche nome da gente del calibro di Hansi Kursch, Daniel Gildenlow, o ancora Jorn Lande e Bob Catley, Arjen ci dona ancora una volta un'opera coraggiosa, ricca di influenze musicali tra le più disparate, dall'elettronica al puro heavy metal, passando per passaggi più easy dal sapore quasi pop, senza disdegnare qualche incursione nel folk, dando vita un platter estremamente dinamico, in continua evoluzione, mai statico, ma che riesce ad essere estremamente compatto.
Diviso in due episodi per un totale di 15 canzoni, questo "01011001" sembra diviso in base all'anima delle canzoni, dal momento in cui, se nella prima parte il lavoro si dimostra più melodico e caratterizzato da momenti che di metal hanno davvero poco, anche laddove si decida di premere il piede sull'acceleratore, è nella seconda che esce fuori tutta la potenza e la carica che questo piccolo uomo è capace di tirare fuori, ed è così quindi che ci troviamo davanti a pezzi come "The Sixth Extintion", capace di passare da momenti pacati ed ariosi ad altri carichi di tensione, nei quali fanno la loro comparsa cori gotici estremamente atmosferici, ma anche tenebrosi, e (rullo di tamburi) per la prima volta addirittura il growl.
Da citare sempre sulle stesse coordinate risulta essere "The Earth Extinction", seconda delle suite oltre i dieci minuti, che pur essendo profondamente debitrice al rock folkeggiante di Blackmore's Night ed affini, risulta capace, grazie ai suoi riff estremamente potenti, a mantenere alto il tiro pur non risultando esasperata. Eccellente poi l'utilizzo che viene fatto delle tastiere in questo pezzo, ad opera per altro di un certo signor Derek Sherinian, che contribuiscono a rendere ancora più appetibile il pezzo.
Come si diceva prima però esiste anche un'anima più dolce e sensibile del disco, riscontrabile per lo più nella prima parte, ed è così allora che si susseguono canzoni quali "Beneath The Waves" o ancora la track d'introduzione al disco "Age Of Shadows", arricchita dalla splendida ed opaca voce di Jonas Renkse (per chi non lo sapesse voce dei sempre verdi Katatonia... anzi verdi no, magari grigi), che carica di pathos un pezzo che sennò sarebbe stato forse il più debole dell'intero lp. E' sempre nel primo disco che si trova poi quella che, a mio parere, è forse una delle cose migliori mai scritte per questo progetto, ossia "New Born Race", un misto tra melodie easy listening, parti folkeggianti, ritmi spensierati danno vita ad un episodio che come un raggio di luce irrompe in una giornata un poco grigia, dando quel tocco di lucentezza che altrimenti sarebe mancato.
Parlare oltre delle canzoni mi sembrerebbe inutile e toglierebbe inoltre il senso di sorpresa all'ascolto delle traccie, mi preme invece sottolineare la prestazione di ogni singolo musicista, davvero eccellente, pulita e scevra da ogni critica negativa, con picchi di eccellenza per ciascun partecipante al progetto, che a modo suo aggiunge un piccolo tassello in un mosaico che non ha nulla che non vada, ma che invece spicca, per originalità e piacevolezza d'ascolto, su metà delle uscite dozzinali che ogni anno mi portano sempre più a pensare che il progressive metal si stia un poco adagiando sugli allori di un passato glorioso; ma per fortuna che c'è Anthony che magari si, ci farà sentire un tantinello piccoli di fronte a queste opere metal, ma ci fa anche felici con prodotti sempre di altà qualità e godibilità.
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