Arjen Anthony Lucassen. Il nome del genio è questo. Pochi sono riusciti a resuscitare il genere "rock opera" come Lucassen, addirittura riconvertendolo ai tempi moderni con questa "metal opera", anche se l'etichetta Progressive Metal sta molto stretta ad un album come "Into The Electric Castle", poiché vi troviamo influenze di vari generi, come folk, rock progressivo anni '70, musica elettronica (dettata dal massiccio uso dei synth), heavy metal classico, ad esempio. Anche sul piano concettuale, la creazione di un mondo immaginario così ben ambientato e che si rispecchia così bene nelle musiche è un'impresa riuscita a pochi. Vi troviamo influenze di Tolkien, mitologia antica di varie culture, fantascienza, ispirazione a film di serie B e chi più ne ha più ne metta. Per non parlare delle atmosfere: momenti epici, momenti medioevaleggianti, momenti barocchi, momenti acustici, momenti più introspettivi, tutti fusi in un multiforme calderone strabordante di idee originalissime.

Una misteriosa voce chiama otto personaggi presi da diverse ere della storia, nella fattispecie epoche di tumulto. La loro missione è quella di giungere al Castello Elettrico, superando tutte le difficoltà e le prove che incorrono sul loro cammino, e scoprire cosa vi nascosto è all'interno. Tutti avanzano ipotesi su questo strano luogo, che la voce indica come "posto all'infuori dello spazio e del tempo": l'highlander scozzese pensa che sia l'inferno, l'indiana dell'India un viaggio spirituale, il cavaliere l'Isola di avalon ove è custodito il Santo Graal, l'antico romano i Campi Elisi, il Barbaro un luogo maledetto, l'hippie un immaginario e fantastico volo nello spazio creato dagli spinelli che fumato, mentre l'Antica Egizia pensa che sia l'oltretomba, ossia la sala di Iside ed Osiride. L'uomo del futuro invece riflette sulla diversità fra i tipi di spazio e di tempo percorsi. Gli otto giungono all'albero delle decisioni, dove la voce li costringe a decidere chi di loro dovrà morire. Il barbaro parla della sua gloria, motivo di ottimismo che spinge tutti a continuare, tranne l'highlander, che afferma di aver perso l'onore e di non voler continuare il viaggio. Ha combattuto per principi e ha portato i loro vessilli insanguinati, ha seppellito i morti, persino bambini, saccheggiato i raccolti e sparso le ceneri sui campi: ha perso l'onore. Così, mentre tutti gli altri entrano gioiosamente nel tunnel di luce, egli si accascia a terra e spira lentamente. I sette giungono così al ponte dell'arcobaleno, "così resistente, e allo stesso tempo così fragile", come afferma la voce misteriosa. Qui il romano e il cavaliere si lasciano andare a pensieri di amori perduti. Il viaggio prosegue senza intoppi fino al giardino delle emozioni, al cospetto del costello, i cui bastioni si ergono gloriosi, come a contrastare le insignificanti dimensioni degli esseri umani, sopraffatti da tale maestosità. L'hippie si risveglia dal suo trip, pieno di gioia per il suo sogno cosmico che sembra essersi avverato. Il romano e il barbaro litigano per chi avrà il ruolo di comandante della missione all'interno del castello, mentre l'uomo dal futuro li intima a restare uniti. L'indiana e l'egiziana alludono ad un'emozione ad una strana sensazione che aleggia nel giardino. L'egiziana, dando ascolto a tale presentimento, si perde fra i meandri del giardino, vittima dell'incantesimo di questo luogo, e, morendo, chiede di essere seppellita nella Valle delle Regine. I sei giungono infine al castello: entrano nel grande salone, dove il barbaro e il cavaliere devono affrontare orribili fantasmi e demoni. Frattanto, l'hippie, l'uomo del futuro, il romano e all'indiana, salgono in cima alla Torre della Speranza. L'indiana viene travolta dal vento tempestoso e spazzata via, mentre la Morte fa sentire la sua voce. Nuovamente riunititi, i cinque giungono allo specchio, ove ognuno deve confrontarsi con la propria disperazione e il proprio passato, sforzandosi di uscirne integri dal confronto con sé stessi. Con fatica, l'incatesimo dello specchio fatato viene rotto. L'uomo dal futuro ripensa al triste destino dell'uomo, vittima della sua tecnologia e della sua scienza inarrestabile, che ne decreteranno lentamente la fine. I cinque si ritrovano davanti a due cancelli: l'uno d'oro, l'altro arrugginito, l'uno che si apre sul baratro verso la morte, l'altro verso la salvezza. Sta a loro stabilire quale dei due cancelli porti sulla retta via. Il barbaro afferma con arroganza che la scelta giusta sta nel cancello d'oro e, varcandolo, cade nel baratro, morendo. La voce misteriosa rivela la sua identità: è un essere soprannaturale ed eterno che si definisce "delle stelle", si chiama infatti "Forever Of The Stars". Rivela che fu la sua stirpe creare l'uomo e popolare il pianeta Terra, come una sorta di esperimento. Lo scopo era studiare le emozioni umane e le pericolose passioni che la sua stirpe aveva da tempo perso. Afferma di essere anch'esso stanco e lontano da casa: l'esperimento è quindi concluso, il cancello si apre, il cerchio si chiude. Ognuno, tornato nel proprio tempo, si da ad alcune riflessioni: l'hippie afferma che era il più meraviglioso dei trip; l'uomo dal futuro non è sicuro se tutto ciò sia accaduto realmente, dato che la sua memoria gli è stata impiantata da una computer; il romano afferma che l'esperienza lo aiutato ritrovare sé stesso, mentre il cavaliere pensa di aver trovato il Santo Graal dentro di sé.

Una gran quantità di guest musicians viene usata in questo album, mentre Arjen Lucassen, polistrumentista (suona infatti tutte le chitarre, il basso, il mandolino, il mellotron e il minimoog), si avvale per tutto l'album del batterista Ed Warby, che costituisce temporaneamente l'unica base fissa della "band". Per le varie parti di sintetizzatore, pianoforte e organo si avvale dell'aiuto di una sfilza di tastieristi: Rene Markelbach, Ton Scherpenzeel, Robby Valentyne, Roland Bakker e Clive Nolan. Anche i cantanti sono tanti, uno per ogni personaggio della storia: essi sono Fish (ex Marillion, l'highlander), Sharon den Adel (dai Within Temptation, l'indiana dell'India), Damian Wilson (ex Rick Wakeman, dai Threshold e dai Landmarq, il cavaliere medioevale), Edwin Balogh (ex Omega, l'antico romano), Anneke van Giersbergen (dai The Gathering, l'antica egizia), Jay van Feggelen (ex Bodine, il barbaro), Arjen Lucassen stesso (l'hippie), Edward Reekers (ex Kayak, l'uomo del futuro), Robert Westerholt e Gorge Oosthoek (rispettivamente dai Testament e dagli Orphanage, le voci della Morte) e Peter Daltrey (ex Kaleidoscope, voce narrante).

Dopo l'intro narrato di'introduzione ("Welcome To The New Dimension"), c'è la prima vera canzone, "Isis And Osiris", con il magico mandolino, una grande interpretazione di Fish e maestosi assoli di synth. Bellissimo anche l'intermezzo di sitar, che da quel tocco in più a perfezionare questa stupenda suite. La seconda suite è "Amazing Flight", stupendamente arrangiata, bella soprattutto nel finale, dove interviene il grandioso Thijs Van Leer dei Focus con il suo flauto magico, a creare la atmosfere di rara bellezza. "Time Beyond Time" è un pezzo più melodico e introspettivo. "The Decision's Tree" è uno dei pezzi più belli dell'album, con il solito monumentale Fish che declama con il suo accento scozzese volutamente marcato, fra i ritornelli cantati in coro. Meravigliosa anche "Tunnel Of Light", con il suo arpeggio semplice un'altra parte cantata ben costruita. "Rainbow Bridge" è un bel pezzo ove si fondono vari generi, come l'acustico e l'hardrock. "Garden Of Emotions" è una canzone molto varia, ove si fanno sentire le voci più prominenti (il barbaro e l'antico romano). Perla assoluta è indubbiamente "Valley Of The Queens", con una voce che scioglie struggente il cuore, il sintetizzatore dolce come il flauto e un arrangiamento da brividi. "Castle Hall" è un altro bel pezzo energico, a tratti più metal, con ottimi riff. Anche "Tower of Hope" c'è molto sintetizzatore e i ritornelli cantati in coro si intrecciano bene con il chitarrone. "Cosmic Fusion" presenta persino una parte di growl, mentre in "Mirror Maze" troviamo atmosfere più visionarie, con coretti su chitarra acustica che ricordano addirittura Crosby, Stills & Nash. "Evil Devolution" è un brano più tranquillo, con parti di violino e violoncello. "The Two Gates" è un altro brano magistrale, in cui Edwin Balogh canta da dio. Dopo l'interludio narrato con il vocoder di "Forever Of The Stars", c'è il finale "Another Time, Another Space". È un finale che, come in tutte le grandi rock opera di tale magniloquenza, lascia perplessi, non tanto per la musica, ma per i contenuti. Comunque due CD pieni zeppi di ottima musica.

1998. Into The Electric Castle: disco dell'anno, a mio giudizio! Che dire di più, se non che è un album assurdamente bello, che o lo si ama o lo si odia, che è un'opera degna dei grandi maestri, che è un album dalle mille sfaccettature, che è un irripetibile colpo di genio? Questo è forse uno dei più straordinari frutti degli anni '90. Vi sono pochi momenti deboli (forse giusto l'eccessiva presenza delle parti narrate, ma, come si dice, tutto "fa brodo") e mira inesorabilmente alla perfezione, il tutto suggellato da una copertina meravigliosa. Neanche "The Human Equation", seppur buono, riuscirà portarsi allo stratosferico livello su cui si erge "Into The Electric Castle", vera e propria opera prima degli Ayreon del mitico Arjen Lucassen.

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