Da cantante di una semi-sconosciuta band hard 'n' heavy inglese, i Wolfsbane, allo stesso ruolo ricoperto però nella band heavy metal per eccellenza e più famosa sul pianeta Terra, gli Iron Maiden: insomma, una carriera invidiabile, che qualunque artista vorrebbe per sè. Le cose invece non sono andate nel migliore dei modi per Bayley Alexander Cooke, in arte Blaze Bayley, alla voce degli IM nel periodo più buio, quello di metà anni '90, immediatamente successivo all'abbandono di un certo Bruce Dickinson. Troppo ingombrante la figura del suo predecessore, troppo diverse le loro voci come timbro e soprattutto estensione, troppo diversi infine anche il carisma e l'atteggiamento sul palco: tutti elementi che combinati insieme decretano il fallimento dei due lavori della Vergine di Ferro con Blaze alla voce, tanto che il povero cantante si ritrova contro l'astio di tutti i fan, che vedono in lui l'unico responsabile dell'affossamento della band. Un duro colpo per chiunque... verrebbe da dire "dalle stalle alle stelle... e ritorno".


Il buon Blaze però non si perde d'animo, deciso a riconquistare la sua credibilità, il suo onore ed anche un posto nel panorama della musica heavy metal; così, appena poco dopo la sua cacciata dagli Iron Maiden, raduna quattro compagni e mette in piedi il suo progetto solista, dal semplice nome Blaze, con cui esordisce nel 2000 con l'ottimo "Silicon Messiah", bissato due anni più tardi da "Tenth Dimension". Si arriva quindi al 2004, anno di pubblicazione di questo "Blood & Belief", terzo album della band ed ultimo a nome semplicemente Blaze, prima di una pausa di 4 anni e successivo ritorno con nuovo monicker (il nome completo, Blaze Bayley) e una formazione totalmente rivoluzionata.


Dei tre album della prima parte di carriera, "Blood & Belief" è sicuramente quello che presenta la musica più pesante, cruda e tagliente: elementi che in parte si ritrovano nello scarno ed essenziale artwork di copertina, tutto basato sui toni di un rosso sanguigno, ma che emergono in tutta la loro nitidità una volta messo il cd nel lettore e premuto il tasto Play. Un riff fortemente distorto introduce "Alive", un roccioso mid-tempo nelle cui cui strofe Blaze urla tutta la sua rabbia; la seguente "Ten Seconds" è invece aperta da un bel fraseggio di chitarra che sfocia poi in un brano tirato, veloce e trascinante. Terza traccia ed è tempo di title-track; il tempo si dilata, il livello compositivo sale: 6 minuti e mezzo di continua alternanza tra arpeggi puliti, riff distorti, pesantezza e melodia, con la voce di Blaze ora ipnotica nei momenti più atmosferici, ora rabbiosa nelle parte più pesanti e sostenute. Basterebbe già solo questo trittico iniziale per capire le coordinate su cui si muoverà l'album, basato sulla continua alternanza tra momenti più melodici (la malinconica "Life and Death" o la conclusiva "Soundtrack of My Life") ed altri in cui è invece il suono duro e tagliente a farla da padrone (come in "Hollow Head" o in "Will to Win").


In ogni traccia si staglia la voce potente e stentorea di Blaze, certamente particolare ma perfetta per interpretare ogni singola sfumatura dei testi, tutti figli del periodo di difficoltà seguito all'allontanamento dagli Iron Maiden e sfociato in gravi problemi di depressione e alcoolismo: la rabbia, la tristezza, la disillusione sono gli argomenti che fanno da sfondo a tracce dal forte sapore autobiografico come l'ipnotica "Tearing Yourself to Pieces" o la già citata "Soundtrack...". Ottimo il lavoro dell'accoppiata Steve Wray - John Slater alle chitarre, sia in fase di riff efficaci e ficcanti, sia in sede di assolo; ben coadiuvati dalla sezione ritmica costituita dal basso pulsante di Wayne Banks e dal drumming potente e preciso di Jason Bowld. Il tutto è ulteriormente impreziosito dalla produzione di Andy Sneap (già artefice del successo dei Nevermore), che dona all'ossatura di classico heavy metal dell'album un suono moderno e perfettamente bilanciato.
Un lavoro in cui Blaze si lascia definitivamente alle spalle il suo ingombrante passato con gli Iron Maiden, costruendosi attorno una musica molto diversa e decisamente più adatta alle sue caratteristiche; un lavoro con cui si perfeziona il completo riscatto di Blaze, troppo sottovalutato ed ingiustamente bistrattato da chi dovrebbe invece ascoltare senza pregiudizi quello che è un album maturo, ben suonato e cantato con il cuore.

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