Nel medioevo dal corso del fiume Senegal proveniva la maggior parte dell'oro allora circolante nel vecchio continente. Secoli più tardi la stessa regione esporta principalmente frotte di giovani uomini in cerca di un futuro lontano dalla povertà. Ed è la cultura di questi giovani uomini ad arricchire l'Europa stavolta.

Baaba Maal viveva in Francia quando chiamò dalla terra natia l'amico d'infanzia Mansour Seck per registrare a quattro mani questo lavoro. E insieme alla maestria dei griot nelle tracce di "Djam Leelii" è percepibile la sconfinata nostalgia che ti stringe forte quando vieni separato dalla tua terra, strappato dalle tue radici.

In"Djam Leelii" si respira una bellezza pura, che ci culla attraverso l'immensità della notte stellata africana. Note che sembrano scacciare tutto il male dal mondo. Canzoni sospese tra una gioia primordiale e una malinconia appena accenata, ma tutte accomunate da un afflato di spiritualità che riempie l'anima. Sorprende che i due siano riusciti a creare un suono così pieno di sfumature e di sapori usando nient'altro che due chitarre che si sovrappongono, dialogano e tessono fitte trame che sembrano fondersi tra loro, con solo vaghi sentori di percussioni ad arricchire un quadro musicale già completo. E poi una voce carica di una passione debordante, che parla il linguaggio universale del sentimento.

Citare dei brani a discapito di altri è inutile quanto ingiusto. L'intero album è un flusso, un'esperienza sensoriale da assaporare senza interruzioni. È assicurato che anche voi, una volta terminato questo viaggio, rimarrete con un inesprimibile groppo in gola: è il mal d'Africa.

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