Pete Doherty forse il confine tra gloria e morte (artisitica), tanto per citare la sua canzone più bella, l'ha varcato da un pezzo. Io ho cominciato a tifare per lui da subito, dalla prima volta che mi è capitato tra le mani "Up the Bracket", il primo disco dei suoi Libertines. Ho continuato a difenderlo di fronte ai suoi comportamenti più stupidi e banalmente provocatori, ho assistito alla sua avvilente ascesa alle copertine delle peggiori riviste di gossip, divenendo per (quasi) tutti Mr. Moss. E alla fine mi sono arreso all'evidenza che il ragazzo probabilmente non fosse questo campione di autenticità e di sincerità artistica.
Però ho sempre trovato incongruente la sua immagine "pubblica" con la qualità e la fattura della musica che ha scritto. Sono ancora dell'idea che sotto alla marea di vaccate di cui si è reso più o meno consapevolmente protagonista, il suo talento rimane intatto, quanto forse non completamente espresso, se è vero che il suo primo disco con i Babyshambles mostra un potenziale enorme, sacrificato ad una produzione volutamente trascurata.
Lunedì sera al Piper, Doherty ha offerto uno spettacolo in linea con quanto ci si poteva aspettare da lui. Ha rispettato uno per uno i clichè della musica rock e punk, senza sconvolgere peraltro nessuno, credo, ad eccezione dei cronisti di Repubblica, Corriere della Sera e degli altri che dovevano assolutamente raccontare che fosse avvenuto qualcosa di incredibilmente osceno e violento al suo concerto, e che infatti hanno parlato di rissa e di distruzione. L'unico momento di tensione c'è stato quando qualcuno dal pubblico ha lanciato verso il palco un involucro di plastica che ha terminato la sua parabola sulla testa del batterista dei Babyshambles, che dopo essersi afflosciato sul suo strumento, si è ritirato dal palco per cinque minuti, per poi tornare al suo posto.
Doherty ha reagito minacciando l'autore della bravata con l'asta del microfono, ma non doveva essere eccessivamente turbato se qualche secondo dopo ha provato lui stesso ad improvvisarsi alla batteria, con risultati piuttosto imbarazzanti.

In ogni caso, al di là dei comportamenti da stereotipo del rock cui ho accennato, che ben poco hanno aggiunto o sottratto al concerto, i Babyshambles hanno offerto uno spettacolo potente alla massa congestionata che ha riempito il locale. Doherty ha tirato fuori il meglio del suo repertorio musicale, supplendo ad una qualità tecnica decisamente discutibile con l'energia viva di canzoni straordinarie come "Time for Heroes", vecchio inno libertine, "Killamangiro", "Sticks and Stombs", passando per la dolcezza di "Albion", sostenuta dal canto dell'intero Piper, concludendo con la violenza bruciante della straordinaria "Fuck forever".
Il suo patrimonio sono queste canzoni, la sua musica, che rimangono dove sono, oltre qualsiasi sciocchezza, oltre Kate Moss, la droga, i giornali e la pubblicità.

E alla fine, dalla bolgia del bellissimo locale di via Tagliamento sono uscito sudato e soddisfatto.

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