La cosa che più fa apprezzare un qualsiasi album dei Bad Religion è, paradossalmente, la certezza di non stare ascoltando nulla di nuovo. Al quindicesimo episodio in studio della ormai celebre e monumentale band californiana, infatti, la formula è rimasta inalterata, completamente, irrimediabilmente. Non bisogna mostrarsi diffidenti o annoiati ad una notizia del genere. Sì, perchè in un decennio durante il quale mai si abusò maggiormente del termine "punk-rock" per designare una scena ormai completamente inglobata nel mainstream, nomi come Bad Religion, Social Distortion, Flipper, Nomeansno, Jello Biafra, Bob Mould, rappresentano un toccasana per le orecchie e per la mente di chi non si accontenta di ciò che offrono dozzine di gruppi tutti uguali dalla matrice insulsa e demenziale.
"The Dissent of Man", che esce a tre anni di distanza da quel buon disco che era "New Maps of Hell", scorre con grande naturalezza per ogni ascoltatore che sia un vecchio fan di Greg Graffin e soci, ma la disinvoltura (e la velocità) con cui si passa da un brano all'altro risulta tale da non poter essere ignorata dai neofiti. La batteria rapida e incalzante di Brooks Wackerman (reclutato nell'ormai lontano 2002) si amalgama ottimamente ai riff di tre violente e poderose chitarre, rispettivamente appartenenti al buon vecchio Brett Gurewitz (co-fondatore del gruppo e proprietario della Epitaph, storica etichetta indipendente di cui porta il marchio anche questo lavoro), a Greg Hetson (già Circle Jerks) e a Brian Baker (Minor Threat, Dag Nasty). Greg Graffin, d'altro canto, non ha perso la capacità di creare linee vocali straordinariamente melodiche su un tappeto sonoro crudo e distorto, mentre Jay Bentley contribuisce non poco con un basso dal sound fluido e costante. Il risultato sono quindici canzoni in piena tradizione B.R., dai testi estremamente politicizzati, mai scontati, che suonano come un piacevole impasto energetico, spesso malinconico e sofferto. Sorprende, e forse neanche tanto, il fatto che il disagio cantato in brani come 'The Resist Stance', 'Pride and the Pallor' e 'Wrong Way Kids' sia lo stesso che ha caratterizzato trentun anni di carriera e di realtà sociale. Realtà presa di mira esplicitamente, attraverso argute metafore dai riferimenti storico-scientifici che caratterizzano il song-writing di Graffin (dannatamente influenzato dal suo ruolo di insegnante universitario), completamente prive di humour. Seri e troppo coinvolti, i Bad Religion, per azzardare anche solo un accenno di ironia nella loro personale ma incredibilmente lucida visione della società americana e internazionale.
Come sempre, i brani del gruppo di Los Angeles divengono rappresentazione ultima di un meccanismo perverso di commercializzazione del quale, si sa, è parte integrante l'industria musicale. Non è un caso che anche le canzoni di "The Dissent of Man" durino non più di tre minuti e mezzo; come ogni prodotto di fabbrica implodono su sè stesse mediante un ciclo di "produci-consuma-crepa" tanto caro al mondo moderno. 'The Day the Earth Stalled' diviene emblema di questo processo, costituendo di diritto una delle migliori open-track al 'fulmicotone' della band, mentre brani come il singolo 'Devil in the Stitches', 'Won't Somebody' e 'I Won't Say Anything', rappresentano episodi più rilassati e dalle sfumature "pop" più marcate. Se non troppo validi, quanto meno piacevoli. Una particolare menzione va dedicata a 'Cyanide', che vede come special guest il chitarrista Mike Campbell (Tom Petty & The Heartbreakers!), già autore dell'assolo del singolo 'Los Angeles Is Burning', datato 2004.
"The Dissent of Man", dati trentun anni di referenze, non sarà di certo annoverato tra i migliori lavori del gruppo, ma trovo così rassicurante che in un panorama musicale denso di 'revival' persista l'opera originale, quasi interamente immutata, di veterani come i Bad Religion. Questi 'vecchietti' militanti ci insegnano cosa significhi realmente comporre "hardcore punk", melodico o vecchio stampo che sia: non basta una mera critica sociale ricamata su quattro accordi, ma un'etica e un'umiltà semplicemente umane.
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