È incomprensibile come "Garofano Rosso" sia l'album del BMS più sconosciuto e meno apprezzato di tutta la loro copiosa produzione.
Era il 1975 ed il progr cominciava a declinare sotto le sciabolate della disco-music e del motto "It's Time to Land". I dischi degli alfieri del genere si dimostravano più ricchi di tecnica e ripetitività che di idee. Nel grigiore generale, che poi coglierà anche il BMS, il gruppo romano viene invitato a comporre ed eseguire la colonna sonora del film "Garofano Rosso", il cui valore fu tale che nessuno ricorda nè il nome del regista, nè che abbia superato i cinque giorni di programmazione in una sala cinematografica.
Per una strana legge di compensazione, invece, la musica è di tale spessore che ne uscì l'album progr italiano migliore di tutti i tempi. So di fare un'affermazione azzardata, e che da molti non sarà condivisa, ma per me è proprio così. Se non fosse per la ritmica, "Garofano Rosso" potrebbe benissimo essere un album di classica-contemporanea, molto sofisticato e ben costruito.
In questo ricorda, come idea di struttura e non come musica, il leggendario "Islands" dei King Crimson che è un altro disco difficilmente catalogabile come rock (anche se progressive). In "Garofano Rosso" si nota subito l'abbondante uso dei fiati, rafforzati dai synthes di Vittorio Nocenzi, lo scarso utilizzo della chitarra elettrica, a favore di quella acustica e un fluido e classico uso del pianoforte a coda, più adatto alle atmosfere cameristiche che alle grandi platee giovanili.
Un lavoro maturo e da veri musicisti, per una volta liberati da alcuni vincoli comportamentali imposti dall'industria discografica. Su tutti i brani, primeggia "Suggestioni di un ritorno in campagna". Si tratta di una vera e propria mini-sinfonia che spazia dalla classica più filologica a quella contemporanea, non disdegnando un'occhiatina al jazz e superbamente introdotta dal laconico pianoforte di Gianni Nocenzi, il quale, poi, si ripeterà nel pezzo "Tema di Giovanna" (quasi un a-solo), sino a spingersi a toni decisamente drammatici e carichi di lirismo. Notevoli anche "Zobeida", "Funerale" e "Quasi saltarello", un pezzo questo dove il Banco tende la mano all'etno-folk popolare (il Saltarello è una danza del centro-sud).
Per concludere, Garofano Rosso è l'album più sottovalutato della produzione del BMS e di tutto il progr italiano. Probabilmente non fu oggetto dell'attenzione che meritava, perchè si trattò del primo disco del gruppo inciso per un'etichetta straniera (la Manticore di Greg Lake) e, forse, fu osteggiato proprio per questo. Da segnalare che in tutto il lavoro non c'è traccia della voce di Francesco Di Giacomo, che, per una volta, si fece signorilmente da parte per favorire un po' di sperimentazione ai due cervelli del Banco, e cioè i fratelli Nocenzi.
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