Chi vuole restaurare il comunismo è senza cervello, chi non lo rimpiange è senza cuore. Parola di Vladimir Putin.

Quelli della Banda Bassotti hanno un cuore ma difettano di cervello.

Il 17 marzo 2001 la Banda Bassotti organizza un concerto fuori-programma al centro sociale Villaggio Globale a Roma. Sono di ritorno da una serie di esibizioni nei Paesi Baschi insieme ai Negu Gorriak, ma ci sono un centinaio di compagni sotto processo per manifestazioni sediziose svoltesi nella capitale il 16 dicembre 2000 in occasione della visita di Jorg Haider, uomo politico austriaco che da tempo esterna senza reticenze le sue simpatie neonaziste. Roma è città aperta per antonomasia ma un argine, da qualche parte, deve pur sorgere. Quelli della Banda si guadagnano da vivere facendo i muratori e sono i primi ad alzare l’argine: il concerto al Villaggio Globale è un’iniziativa per raccogliere fondi a sostegno dei compagni sotto processo.

Il tour in nei Paesi Baschi è appena alle spalle ma ora non è tempo per riposare, c’è un altro concerto da mettere in piedi. La Banda Bassotti è questa, prendere o lasciare: se una cosa va fatta, va fatta e la faccio, cantano quelli della posse Assalti Frontali e non a caso sono sintonizzati sulla medesima lunghezza d’onda. Allo stesso modo, anni prima la Banda è volata in fretta ed in furia in Nicaragua per aiutare la popolazione locale a costruire una scuola. Da questa storia, la Gang ne ha tratto una canzone splendida in «Storie D’Italia» e, poi, con la Banda ha incrociato strada e chitarre.

La voce corre veloce e si diffonde a macchia d’olio. Il 17 marzo 2001 per assistere al concerto della Banda Bassotti oltre 9.000 persone convergono tutte verso il Villaggio Globale: a Roma non è mai accaduto nulla di simile. Dai Paesi Baschi arrivano pure Fermin Muguruza e Kaki Arkarazo dei Negu Gorriak: Fermin suona con la Banda due classici dal repertorio dei Kortatu, «La Linea Del Frente» e «Zu Atrapartu Arte», Kaki registra il concerto e poi spende anima e corpo perché quel concerto sia «Un Altro Giorno D’Amore».

La Banda Bassotti suona con vigore estremo per oltre due ore, snocciolando senza soluzione di continuità tanti di quei brani che a Roma l’hanno resa un’istituzione, indipendentemente dalle sue intenzioni. In quei giorni, se mai chiedi ai giovani ribelli dove batta il cuore hardcore-punk della scena capitolina, loro immancabilmente indicano San Lorenzo, quartier generale della Banda Bassotti e della scena antagonista romana; lì ha sede Radio Onda Rossa sulle cui frequenze si può ascoltare «Allo Skader Dell’Ora», trasmissione imprescindibile per la diffusione nell’etere dei segnali lanciati dai Bassotti di ogni dove.

La Banda Bassotti non è in senso stretto un gruppo punk e neppure hardcore, per le coordinate di genere senz’altro meglio far affidamento alla programmatica «Beat Ska Oi»: musica immediata e diretta, rozza. Ma la Banda ha il grande merito di introdurre elementi di novità: il 17 marzo fa la sua comparsa sul palco il primo rudimentale abbozzo di quella sezione fiati che in breve volgere di tempo diventa componente fissa del suono della Banda Bassotti, fino a culminare nel bellissimo «Asì Es Mi Vida», sentito ed emozionato (emozionante) omaggio alla canzone di protesta di ogni tempo e dove.

Il suono cola come lava e porta con sé slogan talmente desueti da essere incomprensibili: potere al popolo, l’ultima giustizia borghese si è spenta, la gloriosa stella rossa dell’oriente, bella ciao.

Chi vuole restaurare il comunismo è senza cervello, chi non lo rimpiange è senza cuore.

Ci vuole un grande cuore e niente cervello per amare la Banda Bassotti.

Io, come gli oltre 9.000 accorsi al Villaggio Globale il 17 marzo 2001, amo la Banda Bassotti e con tutto il cuore che mi resta spero che prima o poi il deposito di Zio Paperone venga violato.

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