John Mc Enroe. "Superbrat" per molti ma per me solamente "The Genius", come è stato universalmente definito per il suo talento applicato al tennis. Un'icona irripetibile dello sport mondiale, di un tennis d'altri tempi e quasi mitologico, se confrontato con quello che viene praticato oggi. Il Film-documentario diretto da Barney Douglas (solo in lingua inglese) ci regala un McEnroe che si muove nella sua città - New York- una metropoli che nella notte è in grado di liberare i demoni più inattesi, i demoni che John ha dentro di sè e che sicuramente gli hanno molto condizionato la vita fin da ragazzino. Le sue esplosioni d'ira sui campi e il desiderio di migliorare lo hanno portato a farsi vedere da decine di psicoterapeuti senza grandi risultati, a quanto pare. Un film onesto che non fa sconti relegando il mito nella storia dello sport mentre l'uomo viene mostrato con tutti i suoi "buchi neri". Il fallimentare matrimonio con Tatum O'Neal e le critiche dei suoi figli che lo accusano in maniera esplicita di essere stato un cattivo padre e il tentativo di rinascita a fianco di una nuova compagna e con una famiglia allargata. Il declino tragico dell'onnipresente padre, la morte repentina della madre e la tragedia dell'amico Vitas Gerulaitis, Newyorchese come lui ed asfissiato dai monossido di carbonio nel 1994. Accanto all'uomo sono ben rappresentate le sue imprese sportive ed anche le tragedie come l'incredibile sconfitta contro Lendl nella finale del Roland Garros a Parigi nel 1984 che ancora è presente in lui sotto forma di incubo che rivive. Belle le testimonianze di Bjorn Borg, Keith Richards e Peter Fleming. Da vedere.
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