Dopo la realizzazione di due EP che conquistarono la critica specializzata e diedero la possibilità al gruppo di costruirsi un piccolo e fedele seguito, i Baroness, quartetto proveniente da Savannah, Georgia, e capitanato dal cantante chitarrista John Baizley (autore fra l'altro, oltre della maggior parte delle canzoni del gruppo, anche delle copertine dei dischi), arrivarono all'esordio ufficiale nel 2007 con la pubblicazione del "Red Album" per conto della Relapse Records. L'album divise completamente pubblico e critica: da una parte, c'era chi considerava il gruppo la nuova rivelazione della scena metal statunitense (la rivista heavy metal Revolver elesse "Red Album" disco dell'anno), dall'altra chi li vedeva semplicemente come gli ennesimi cloni dei Mastodon, che proprio in quell'anno diedero alle stampe l'acclamatissimo "Blood Mountain".
Forti aspettative si crearono attorno ai Baroness e molti cominciarono a chiedersi se i nostri sarebbero riusciti a ripetersi oppure se sarebbero finiti dritti nel dimenticatoio. Nel 2009, la "Baronessa" arriva così alla pubblicazione della sua seconda fatica. "Blue Record" conferma quanto di buono fatto con il disco precedente e mette in evidenza un songwriting efficace e maturo che nel "Red Album" era appena accennato: riff di chitarra precisi e tecnici, una sezione ritmica potente che riesce a creare un muro di suono formidabile. Difficile dare una definizione specifica del genere che i quattro suonano. Il lavoro si contraddistingue infatti per la sua eterogeneità che va dallo sludge metal allo stoner, fino a toccare alcuni elementi tipici del progressive e ad arrivare a punte di rock psichedelico. Brani potenti e diretti che ricordano tanto i Mastodon di Leviathan ("The Sweetest Curse" e "War, Wisdom and Rhyme") si alternano a parti strumentali figlie della lezione impartita dai Metallica in "Orion". Una più accentuata attenzione verso la melodia è ciò che diversifica maggiormante "Blue Record" dal suo predecessore e lo si può capire immediatamente dall'ascolto di "Jake Leg"," A Horse Called Golgotha" (canzone scelta come singolo per promuovere l'album) e da "Steel That Sleeps The Eye", brano acustico e ricco di cori che sboccia definitivamente in tutta la sua bellezza melodica in "Swollen and Halo."
L'unica nota stonata che forse può essere fatta al disco è il cantato: troppo monotono e troppo vicino a quello dei Mastodon (la voce ricorda terribilmente quella di Troy Sanders). Per capirne tutta la potenzialità e le sfaccettature, il disco richiede di numerosi ascolti prima di potervi conquistare definitivamente. Tirando le somme, cosa dire su questi Baroness? Sono davvero il gruppo rivelazione della scena metal? Quasi sicuramente no (o almeno non ancora). I Baroness sono semplicemente un gruppo molto interessante e con una maturità artistica invidiabile per molte band che sono solamente al loro secondo album. Gli appassionati del genere e i fan dei Mastodon in particolare apprezzeranno questa band carica di talento con ottime prospettive per il futuro. In attesa del terzo album e della definitiva consacrazione, godetevi questo "Blue Record".
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