Niente da fare, ragazzi. Barry Adamson è sicuramente un grande figlio di puttana. Dopo aver mosso i primi passi nella città di Manchester, quella dove è nato alla fine degli anni cinquanta, e a partire dal suo coinvolgimento nella scena post-punk, ha fatto parte di un sacco di progetti e di collaborazioni che sarebbe oggettivamente impossibile cercare di menzionarle tutte. Ne dimenticherei sicuramente qualcuna. Le più celebri probabilmente sono quelle con la band post-punk Magazine, formata da Howard Devoto dopo aver mollato i Buzzcocks, oltre che la lunga e proficua collaborazione con Nick Cave a partire dai Birthday Party e poi l'ingresso nei Bad Seeds, band che ha raggiunto nuovamente di recente per le registrazioni di 'Push the Sky Away' nel 2013.
Ovviamente tutto questo sarebbe, è oggettivamente troppo poco per descrivere la carriera di un musicista e produttore che tra le altre cose da anni si disimpegna pure in una carriera solista e che ha rilasciato a partire dalla fine degli anni ottanta diversi dischi tutti influenzati da diversi generi musicali, a partire dal post-punk e l'elettronica fino a espandersi al soul e l'acid jazz.
Prima di parlare di questo disco, è importante precisare che vedo più che una connessione, una vera e propria continuità tra questo nuovo disco, 'Know Where To Run' (Central Control) e il precedente 'I Will Set You Free', che Barry aveva rilasciato nel 2012. Mescolando diverse influenze e generi musicali, Barry Adamson ha ottenuto un proprio stile personale e dimostrato in un certo senso, ove fosse necessario, di non essere solo un buon, ottimo musicista, ma di possedere importanti qualità artistiche e di essere un buon compositore e persino un ottimo cantante.
'Know Where To Run' è stato registrato presso la Church Road Recording Company di Brighton ed è stato prodotto dallo stesso Barry con Paul Pascoe. Il materiale è stato successiva rilavorato e mixato al Dean Street Studios. Come ho detto prima, dobbiamo necessariamente considerare questo disco nell'ottica di tutto quanto fatto precedentemente da Adamson nel corso della sua carriera e in questo senso possiamo benissimo vedere come questo sia un superamento di tutti i suoi lavori passati e fino alla registrazione di questo nuovo disco che potremmo pure definire come una vera e propria bomba data la quantità di elementi esplosivi che contiene.
Barry è un tipo tosto, non gliene frega un cazzo se qualcuno può considerare la sua musica e il sound come qualche cosa di easy-listening oppure commerciale. 'Cine City', 'Up in the Air', 'Death Takes a Holiday' sono tutte canzoni che combinano il groovy sound dei bassi con ritmi derivati dal soul e che infine sfociano in sonorità che potremmo benissimo riconoscere come pop music. L'effetto di questo mix è devastante, nel senso che come in balia di un ritmo voodoo, l'ascoltatore comincia a muoversi e a ballare muovendo il proprio sedere e senza riuscire a smettere per nessuna ragione al mondo.
Ma c'è molto di più in questo disco. Appassionato da sempre a tutta la musica che girava attorno alla Motown, Barry ricicla alcune di queste sonorità in brani come 'Mr Greed'. 'Evil Kind' è una ballata nello stile di Frank Sinatra e dove mostra quelle che sono le sue ottime doti come vocalist e performer e lo stesso vale per 'Come Away' in cui la sua voce, accompagnata da un organo elettrico, somiglia incredibilmente a quella del suo vecchio compagno di avventure Nick Cave.
'Texas Crash' è un altro brano dal sound coinvolgente e che mescola la rock and roll music con il soul e l'acid jazz, mentre 'In Other Worlds', la prima canzone del disco, potrebbe andare benissimo per un disco di John Carpenter, di più, questi potrebbe benissimo usare il brano come colonna sonora per uno dei suoi film.
Che dire? Ci sono un mucchio di aspetti interessanti in questo disco che è molto influenzato dalla cosiddetta black culture e che cerca di trarre per quello che riguarda la musica ogni possibile contenuto di questa a partire dalle derivazioni del vecchio blues del Mississippi e fino alla soul music e alla cultura jazz. Non per questa ragione, è evidente, le canzoni appaiono iin qualche modo scollegata una con l'altra. Anzi. C'è una grande linea bianca che possiamo seguire chiaramente dall'inizio alla fine del disco in un ideale percorso per poi ritrovarci al centro della strada. In una canzone del disco, 'Street Hassle', Lou Reed cantava, 'I Wanna Be Black', e Lou, lui voleva veramente essere nero. Il fatto è che era nato e cresciuto in una famiglia ebrea della media borghesia e non aveva mai veramente accettato questa situazione e penso che questa cosa del resto sia evidente se si prova ad ascoltare la sua intera e per quanto mi riguarda particolarmente travagliata dicscografia. Ma Lou Reed era il rock and roll e era il rock and roll proprio per questa ragione. Non è praticamente quasi mai stato al top per quello che riguarda i dischi che ha pubblicato e questo perché in qualche modo si nascondeva da se stesso oppure non riusciva a ritrovarsi. E questa chiaramente non è una qualche critica che io voglio muovere all'uomo e all'artista Lou Reed. Se pensate questo, vi sbagliate. Più che altro direi che è probabilmente per questo che lo considero come la più grande rockstar di tutti i tempi: perché impersonificava, ha impersonificato in se stesso ogni contraddizione possibile e ha vissuto questa cosa violentemente sulla sua stessa pelle.
Da allora è passato un mucchio di tempo, 'Street Hassle' infatti usciva negli anni settanta e in qualche modo anche si rifaceva alla volontà di mescolare diversi generi tra cui la disco e la musica soul nera degli anni settanta e le sonorità tipiche della Motown: fu un esperimento tutto sommato riuscito anche se, andiamo, stiamo parlando di Lou Reed. Sono certo che non ha sicuramente mostrato tutto il suo reale potenziale anche in questa occasione. D'altro canto voglio invece considerare questo disco di Barry Adamson come un superamento di parte di queste contraddizioni. Barry se ne frega di essere bianco invece che nero. È un uomo della sua generazione e in quanto tale possiede forse una maggiore consapevolezza, non prova nessun senso di colpa particolare consapevole che questo non servirebbe a nulla se non a portarlo su una strada sbagliata. Soprattutto, quello che conta veramente, è che Barry Adamson abbia il soul e il rhythm and blues nelle sue vene, date pure un ascolto a questo disco e anche se dopo non saprete da che parte voltarvi e mettervi a correre, almeno magari riuscirete a capire di che cosa stiamo parlando.
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