Il tema del viaggio nello spazio o se preferite dell'uomo nello spazio in quanto tale, e come sviluppato dalla fantascienza, ha chiaramente dei risvolti e dei presupposti di natura filosofica e sociologica. Soprattutto di natura psicologica.

Del resto parliamo di una espressione pure solo letteraria utilizzata non solo per indicare il processo di esplorazione e studio del cosmo, o più semplicemente anche quelle che potrebbero essere attività extraveicolari aka EVA, le passeggiate nello spazio, ma anche per descrivere quello che può essere lo status quo dell'essere umano o di un particolare individuo nello 'spazio' inteso quale contenitore. Da che, ne consegue, riflessioni sulla conditio di questo uomo in un determinato contesto e/o situazione. E che cosa è alla base del percorso terapeutico se non in un primo luogo l'identificazione e il riconoscimento di dove ci troviamo e di quello che ci circonda. Prima di procedere alla esplorazione di quello spazio (di nuovo) infinito che è il nostro io interiore.

Ci sono due riflessioni alla base di questo romanzo di Barry N. Malzberg, 'The Remaking of Sigmund Freud'. Pubblicato nel 1985 e 'sommatoria' di cinque racconti scritti e pubblicati precedentemente nel tempo e che hanno tutti come protagonista il replicante del fondatore della psicanalisi.

La prima è la considerazione fondamentale che il nostro pensiero e la nostra cultura, quella del ventunesimo secolo, fondino le proprie radici su quello che fu il lavoro dei pensatori del secolo precedente. Che costituiscono ancora oggi quelli che possiamo definire come dei capisaldi nei vari settori dello scibile umano.

La seconda è quella che lo scrittore rivela per bocca dello stesso Sigmund Freud, ovvero del suo replicante, nelle battute conclusive del romanzo, quando questi afferma di volere un ventunesimo secolo che non fosse il disconoscimento del secolo precedente bensì un 'accrescimento'.

Intendendo in questo senso, è evidente, qualche cosa che andasse oltre la costruzione di navi spaziali e il viaggio nello spazio, in questo senso ponendo al centro dell' 'universo' l'io e l'individuo e il suo accrescimento come base del miglioramento della società. Qualche cosa senza la quale nessuno sviluppo tecnologico e scientifico avrebbe comunque mai potuto portare da nessuna parte.

E del resto, che la storia del pensiero dell'umanità si sia in qualche modo arenata nel corso dei secoli, Sigmund Freud, ucciso secondo le cronache nel suo studio di Vienna, Austria, dal cronista e intellettuale Robert McCormick, è qualche cosa che questi ha modo di constatare personalmente. O meglio in maniera 'mediata' secondo quello che è il suo replicante.

Uno dei suoi replicanti in verità. Che fallisce praticamente altre due volte, dopo avere mancato nel tentativo di impedire la sua stessa fine per mano di McCormick. Nel ventunesimo secolo. Quando non riesce nel suo intervento su una base di Venere, un fallimento che gli costerà persino il soprannome di Dr. Fraud ovvero Dottor 'Frode'. Quando, riportato nuovamente alla vita, fallisce nel salvataggio dalla pazzia e dalla sopraffazione da parte dei vegani (cioè provenienti da Vega) l'equipaggio della nave 'Whipperly'.

Un fallimento che sarà tuttavia in qualche maniera l'ultimo e il principio, proprio attraverso il rapporto e l'esperienza tra gli alieni, (così diversi e allo stesso modo così simili all'uomo) che intendono la sua funzione di 'alienista' in una maniera prossima alla quale si potrebbe intendere grossomodo un ortopedico, che egli nel ventiquattresimo secolo riscopre se stesso e i fondamenti del suo pensiero e capisce che c'è ancora una possibilità per il genere umano. Così come per se stesso a Vienna nel ventesimo secolo. Emily Dickinson. Mark Twain.

Resta aperta alla fine della storia la grande domanda. Riconosciuta la grandezza dei pensatori del secolo precedente, quale pensiero, quale percorso intraprende l'uomo nel ventunesimo secolo.

Si è parlato lungamente negli ultimi dieci-quindici anni per quello che riguarda l'uomo occidentale, e in particolare l'Europa, di radici comuni. Di qualche cosa che ci dovrebbe tenere assieme e costituire patrimonio condiviso.

La storia recente, la cronaca, ci mostra invece chiaramente come questa ricerca sia fallita a fronte di un disgregamento nel tessuto sociale e culturale che dovrebbe stare alla base di ogni collettività. Oggi dopo un percorso di ricerca di abbattimento delle frontiere e delle barriere culturali, viviamo un ritorno al passato. Una negazione del pensiero inteso come libertà. Democrazia.

Questo significa quello che il replicante di Sigmund Freud definisce il disconoscimento del pensiero del secolo precedente?

Ho sempre pensato, credo fermamente che un uomo possa vivere al meglio delle proprie possibilità esattamente quello che è il suo tempo. Che significa che abbiamo noi le migliori risposte, quelle che dovremmo applicare alla realtà che ci circonda e queste possono essere difficili da trovare, possiamo fallire, ma come potrebbe fallire anche Sigmund Freud, che giustamente come uomo del suo tempo, ritiene di poter dare il suo contributo nel suo tempo, a Vienna e nella prima metà del secolo scorso. Pensare che egli abbia, avesse tutte le risposte è delegare a qualche cosa che non c'è più quello che è il tempo presente.

Il passato invero, forse non può dare delle risposte, ma lascia aperte delle domande. Ignorarle, fare finta di niente, questo segna la differenza tra disconoscimento e accrescimento. In qualunque punto della galassia vi troviate.

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