Sporco, lurido.
Se John Lee Hooker e i Beat Happening copulassero sotto acidi nella fanghiglia creatasi nelle vicinanze di uno stabilimento petrolchimico, il figlio (abbandonato senza remori in un cassonetto) sarebbe sicuramente questo Blue Roots. Nello specifico, i padri naturali del figliol prodigo, nato in A.D. 1992 e successivamente ristampato su cd nel '97, sono due:
- Don Howland, sposato, insegnante di inglese e storia in una sperduta scuola media della provincia americana, tra i fondatori dei monumentali Gibson Bros (nei quali militò per un paio di album anche il buon Jon Spencer). Chitarrista e paroliere nei Bassi di Culo.
- Lamont Thomas, detto Bim. Batterista, afroamericano, unico complementare del vecchio Don. Condizione necessaria e sufficiente per l'esistenza del gruppo. Portatore genetico di quelle ritmiche blues dei tardi 20's tipiche di Columbus (West Virginia), che rendono le ritmiche dei Baaholes quanto di più vicino ci possa essere a Robert Johnson che tamburella sulle suole delle sue scarpe.
Può un compact disc suonare come un vinile? Ve ne accorgerete estraendo Blue Roots dallo stereo: con sgomento noterete che le candide trasparenze della perfezione digitale saranno state sostituite da un opaco nero scanalato, di quello che vi piaceva tanto annusare da piccoli. Non perdono tempo, i nostri, ad esibire il frutto del peccato: basta l'opening di Judge Harsh Blues a definire le coordinate di un album che si presta come colonna sonora di eventi che spaziano dalla serata stravaccati sulla poltrona di fiducia con la birra accanto al piede sinistro al compiacimento per un sonoro rutto emesso in via Montenapoleone. I Love it. Procuratevelo.
Carico i commenti... con calma