Mi appresto a tappare uno dei buchi presenti nella scheda dei Bathory su DeBaser: quello dell'album "Requiem". Il settimo per il gruppo svedese. Anche se in questo caso potremmo parlare di one man band visto che i fidi compari assoldati dal geniale Quorthon per suonare il basso e la batteria sono avvolti nel mistero e sono accreditati con nomi di demoni della mitologia nordica. Il dubbio legittimo che dietro a tutta la musica suonata e composta su questo disco ci posssa essere solo Quorthon e la sua drum machine è lecito.
Ma torniamo indietro di tre anni rispetto al disco in questione, quando la canzone-inno "Hammerheart" metteva gloriosamente fine ad un disco epocale come "Twilight of the gods" (con maestosa copertina annessa!). Gli anni passano e Mr Forsberg stupisce tutti facendo uscire "Requiem", un disco che nulla aveva a che fare con i due predecessori.E che aveve deluso una moltitudine di metallari che ancora oggi tra i dischi peggiori della band svedese inseriscono questo ed il successivo "Octragon". Se avessi vissuto in prima persona questo stravolgimento stilistico sicuramente mi sarei scandalizzato anche io, ma poichè all'epoca avevo solamente un paio d'anni, con il senno di poi, e con la convinzione che in fondo poteva andare anche peggio (chi ha detto Morbid Angel versione 2011?), mi sento di non bocciare questo disco.
Dicevo di uno stravolgimento: infatti questi "Requiem" suona ai più come un ritorno alle origini, a quel feroce black/thrash dei primi tre album. Ma quei dischi avevano vibrazioni interne -Quorthon lo sapeva bene- che non potevano essere ricreate. Allora notiamo subto che la batteria (drum machine?) ha un suono molto secco e nitido, sulle prime sembra "staccata" dagli altri strumenti, ancorata a tempi thrash ma noiosa quando persiste indefessa sulle scariche di doppio pedale. Aggrappato alla batteria c'è un basso spigoloso, che personalmente mi piace molto, che si preoccupa soltanto di restare al passo della chitarre. Quest'ultima elemento di continuità con il passato remoto dei Nostri, registrata un po' peggio della batteria, così come la marcia voce di Quorthon che ricorda i primi Kreator. "Requiem" è in tutto e per tutto un disco thrash con punte di black soprattutto in alcuni screams sgraziati che soffre una scarsa inventiva ritmica (la canzone "Sacrifice" su tutte) e riffs che non sono prorio indimenticabili, anzi, porteranno i più esperti del settore nel tunnel del dejà-vu.
Mi spiego meglio. Su tappeti ritmici che più monotoni non si può i Darkthrone ci hanno scritto almeno due capolavori, ma in quei casi c'erano delle linee di chitarra validissime. I Bathory di metà anni Novanta (dopo numerosi capolavori) galleggiano senza infamia e senza lode, ma salvandosi dallo sputtanamento. Disco da avere solo se avete tutti i suoi predecessori e amate particolarmente l'old school anni 80 e naturalmente il personaggio Quorthon.
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