Raggiungere la fama vuol spesso dire fare dei compromessi con il mercato; certo si vendono più dischi, ma la qualità e la bellezza ne risentono. Soprattutto poi dopo un successo come quello arrivato con "La malavita", era difficile ripetersi. Eppure ci sono riusciti. "Amen", il loro quarto lavoro, viaggia su un livello possibilmente ancora più alto, tale da rasentare (permettetemi di dirlo) la perfezione.

I tre ragazzi di Montepulciano ormai sono milanesi a tutti gli effetti, e questo ha giovato molto alla qualità della loro musica. Il loro è fondamentalmente un rock raffinato e mai banale , spesso con venature new wave (soprattutto nella malinconia che affiora qua e là nei testi), per non parlare poi di quella capacità tutta loro di ricreare le atmosfere musicali che permeavano i film italiani anni '70.

"Amen" è un disco molto suonato, non solo i canonici strumenti come basso chitarra e batteria, ma soprattutto tanti, tantissimi archi (addirittura un orchestra intera) e una sezione fiati, che lo rendono sinfonico, quasi come una colonna sonora cinematografica. E' un piacere da ascoltare, non subito però, bisogna scoprirlo poco per volta: scoprire il tappeto sonoro che costruisce ogni canzone, strumento per strumento; ascoltare i testi, e le citazioni a valanga che necessitano di un po' di tempo per essere scoperte tutte; sentire le voci  di Francesco e Rachele che si alternano, incrociano e uniscono.

Delle canzoni che vanno a costruire il disco possiamo raccontare tanto...

"Charlie fa surf"  è il primo singolo uscito, ed è ispirato all'omonima scultura di Maurizio Cattelan: Charlie è un ragazzino viziato cui non farebbero male un po' di bastonate, ma in realtà il suo essere è dovuto alle convenzioni del mondo degli adulti, anzi "ha le mani inchiodate da un mondo di grandi e di preti" che gli impediscono di crescere e condannano e crocifiggono ogni sua libertà.

"Il liberismo ha i giorni contati" suona profetico soprattutto in un periodo come questo, e la fine viene intuita da tutte le brutture della società. Però risulta stranamente allegra come canzone. Molto bella l'autocritica secondo la quale è difficile "resistere al mercato", e soprattutto nel verso "Vede la fine in me che vendo dischi in questo modo orrendo".

"L'aeroplano" è il brano più intenso del disco. Qui Rachele veramente si supera, con il suo cantare vellutato, ma allo stesso tempo glaciale. Si riflette, mentre passano gli anni, se il futuro era quello che ci si aspettava da ragazzini, se e tutto cio' che rimane è "una città, un lavoro sempre uguale, una canzone che fa sottofondo all'Indecifrabile"  mentre il tempo vola via come un aeroplano, che porta tutto via con sé, storie d'amore, speranze e illusioni.

"Baudelaire" è invece la canzone più tirata,  in apparenza un bell'elogio, anzi, apologia al poeta decadente, tanto che si invita chi ascolta al "giardinaggio dei fiori del male! In realtà vengono celebrati anche altri artisti più o meno "maledetti".

"Antropophagus" risulta incomprensibile, almeno fin quando si viene a sapere che il testo parla dell'umanità varia, barboni, immigrati, "russi e lituani" che popolano la zona nelle immediate vicinanze della stazione centrale di Milano.

"Alfredo" fa rivivere la storia di Alfredino Rampi, il bambino che nel 1981 cadde in un pozzo e tenne l'Italia intera con il fiato sospeso per tre giorni. Ma la storia finì male, e qui è rivissuta dal lato del bimbo, nella cui fantasia il soccorritore che tenta invano di salvarlo diventa l'Uomo Ragno, mentre Dio dall'alto guarda impassibile, insieme a tutto il resto degli spettatori televisivi e non. Qui Francesco fa un po' il verso a De Andrè, ma le liriche sono effettivamente di spessore.

"Dark Room" inizia con violini alla Anonimo Veneziano, per poi sfociare in una bossa nova deliziosamente anni '60 , nella quale canta le sensazioni e i pensieri nel momento in cui si conosce una nuova persona, fosse anche per una notte solamente.

"L'uomo del secolo" è una sorta di saluto da parte di un anziano che si avvicina serenamente alla fine ("..ed eccomi qui: un vegetale. Cento anni non portati male. Lascio il mondo che mi ha maltrattato. Me ne vado, mi sono stufato. Vi ho voluto bene. Adesso vado") e prima di farlo riepiloga la sua lunga e densa vita. E' la storia del nonno di Francesco, scomparso recentemente.

"Ethiopia" è interamente strumentale è da considerare un esperimento di progressive, molto ben riuscito per dire la verità.

E per finire  gustatevi "Spaghetti Western", la traccia fantasma che racconta di questa storia in cui i cow-boy sono gli italiani, il far west sono i campi di oro rosso del sud Italia... e la parte degli indiani?Naturalmente per questo ruolo ci sono gli immigrati stagionali che si spaccano la schiena nei campi. Il tutto è condito in  abbondante salsa cinematografica.

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