Il 29 gennaio è uscito “Fantasma”, il nuovo disco dei Baustelle.
Valutai positivamente “Amen” (2008), rimasi un po’ più freddo all’uscita de “I mistici dell’Occidente” (2010); ritengo tuttavia inutile dilungarsi sul passato, in quanto “Fantasma” ha ben poco a che vedere con quanto sentito fin ora.
“Fantasma” è un concept album sul tema del Tempo: nelle diciannove tracce del disco, Francesco Bianconi ha tracciato un percorso musicale e lirico uniforme e direzionato che ci guida in una disamina musicale sui temi dello scorrere del tempo, del necessario trasformarsi delle cose, della morte, dell’Apocalisse. Il pezzo lanciato come singolo, “La morte (non esiste più)”, a livello di intensità musicale e poetica non è certo il miglior pezzo dell’album e probabilmente è stato scelto solamente per la sua orecchiabilità: in un contesto discografico di pubblicità, era necessario per i Baustelle “far sentire” al più vasto pubblico possibile il loro ritorno sulle scene. Il disco contiene invece uno scrigno di composizioni di altissimo livello, pezzi dai testi ricercati ed introspettivi che nessuno riuscirà mai a cantare con leggerezza sotto la doccia o in macchina con gli amici, e questo non è un difetto - è il punto di forza di questo disco violento ed elegante.
Il punto di forza del disco è il suo essere stato concepito come l’orchestrazione di una recita a soggetto, per la quale il gruppo ha voluto rischiare e sperimentare, rinnovando soprattutto il proprio approccio musicale e compositivo. L’ascolto concentrato di “Fantasma” disco regala sensazioni che da tantissimi anni la musica in italiano non riusciva più a regalare: la solennità apportata dai sontuosi arrangiamenti di Enrico Gabrielli per orchestra sinfonica (con l’aggiunta, in alcune tracce, della potenza dirompente dell’organo della chiesa di Montepulciano Stazione) ai testi di Bianconi rende questo disco inascoltabile come sottofondo, anche solo per puro rispetto alla meravigliosa opera d’arte che hanno saputo creare i tre di Montepulciano. “Fantasma” si ascolta da soli in macchina, da soli in camera con l’hi-fi a volume sufficientemente alto, a teatro. In “Fantasma” si sente che i Baustelle sono cresciuti, e tanto, anche da un punto di vista di una maturità riflessiva personale che si manifesta nei testi non più adolescenzial-onirici cui ci avevano abituato negli anni. Questo approccio “maturo” che non era arrivato con “I mistici dell’Occidente” vede la sua consacrazione in questo nuovo disco che a mio parere può essere inserito senza timori fra i più grandi dischi della musica italiana recente.
Bianconi ha trovato finalmente il coraggio di fare il cantautore per davvero. Il risultato è maestoso: nel disco si parla del dramma dei campi di concentramento visto dagli occhi del compositore Olivier Messiaen (“Il Finale”), della potenza distruttrice dello scorrere della vita (“Il futuro”), di amore. E dei Maya, dell’auspicata estinzione della razza umana, di Montale.
Rachele Bastreghi illumina le parti cantate del disco con interpretazioni tanto curate e dolci da creare un voluto ed elegantissimo effetto di contrasto con la sempre più bassa voce di Bianconi. Claudio Brasini alla chitarra regala spunti curiosi: in “Maya colpisce ancora” inserisce, in un pezzo sostanzialmente tetro, un ritornello di chitarra elettrica surf che trasforma il tutto in una ironica preghiera da aperitivo per la fine del mondo. A mio avviso, ed ormai avrete capito il mio giudizio sul disco, intese geniali.
Commentare ulteriormente questo album ed i testi dei pezzi sarebbe come scrivere la parafrasi in nota ad una poesia, come usa nei libri scolastici: non ne vedo il bisogno. Come per una raccolta poetica, “Fantasma” va valutato singolarmente in base alle emozioni che ha suscitato. E, credetemi, ne suscita.
Non fatevi spaventare dai terrorizzanti stacchi strumentali, o dal soave “L’orizzonte degli eventi”.
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