Ho aspettato di comprarlo per riuscire a vedere il singolo ed ho aspettato a recensirlo per poterlo fare a mente fredda. Finalmente il terzo cd dei Baustelle. Ho grande stima verso il gruppo di Francesco Bianconi e Rachele Bastrenghi per il loro modo di porsi nel music-business e per il coraggio di affrontare un genere pericoloso come il pop (si parla di gente come Beatles Beach Boys Smiths Blur...). Ogni loro uscita provoca tanta eccitazione non solo nei loro estimatori ma anche nei loro detrattori che li seguono solo per stroncarli ad ogni nuovo disco.
Dopo la piccola enciclopedia pop per il dandy italiano che era Sussidiario illustrato della giovinezza e dopo l‘elegante decadenza estetica de La moda del lento ecco arrivare La malavita. Un album più scuro e duro sia musicalmente che poeticamente. L'intro strumentale "Cronaca nera" ed il singolo "La guerra è finita" introducono un mondo di delusioni di vite sbagliate e sprecate con un sound che riporta alla new-wave newyorkese che ballava bevendo e sbattendo la testa al ritmo dei Television e del Patty Smith Group. In particolare"La guerra è finita" ricorda da vicino la malinconia serrata del gruppo di Tom Verlaine in pezzi come Torn Curtain e Venus. "Revolver" si riallaccia alla cinematica "Il seno" contenuta ne "La moda del lento" ma alla contemplazione estetica viene sostituito anche musicalmente uno sguardo disincantato disilluso e criminale sulla vita: un tappeto di suoni elettronici incalzanti (il basso è trattato meravigliosamente) sostiene il cantato-recitato di Rachele ma incantevole è il piccolo assolo di tromba che introduce un momento estremamente lirico per la voce ed il synth interrotto bruscamente da una batteria distorta. Fantastico. La successiva "I provinciali" guarda la vita nelle periferie borghesi in un pomeriggio di sole autunnale e shoegazing. "Il corvo Joe" è un grandissimo ritratto ricolmo di meraviglia stupore e rabbia. "Mamma, che ne dici di un romantico a Milano?" Cazzo! Uno di quei pezzi che da soli valgono il prezzo del cd! Se tutto il disco rimanda alla cupa consapevolezza byroniana delle "Stanze ad Augusta" di essersi costruiti addosso l'imponente armatura da cult-figure questa canzone sdrammatizza con dosi enormi di ironia perché in fondo "quando il dandy muore fuori nasce un fiore"... Anche "Perché una ragazza d'oggi può uccidersi" è una gran canzone delicata e crudele come solo un gran gruppo può comporre.
Io il disco l'avrei fatto finire qui perché gli ultimi due brani sono proprio fuori fuoco ma vabbé... Come terza fatica e prima per una major è un lavoro ottimo che conferma i Baustelle come il miglior gruppo italiano del momento senza ombra di dubbio.
Carico i commenti... con calma