Quante volte abbiamo/avete sentito parlare di BB King…? E quanti dischi abbiamo visto chiamarsi “Live At The Apollo” ? Forse più di quelli registrati al Budokan o al Madison Square, o giù di lì… E anche grazie all’aria da cosa risaputa, si potrebbe correre il rischio di guardare con semiattenzione, lasciandolo semiosservato, questo splendido live, forse l’ultimo grandissimo disco del comunque encomiabile BB, ovvero uno che si dispiaceva quando, già compiuti gli ottanta, il dottore gli impose di non superare i 250 (!!) concerti annui.
Insomma, uno che di musica ha vissuto, e non filosofato, che la chitarra ha suonato, e non ci ha “ghirigorato” facendo vedere quante note stavano in una battuta: lui ne ha sempre messo e poche, e pure sempre le solite, più o meno; quelle che Rava definirebbe “le note necessarie”. Molto, ma molto raramente è uscito da una pentatonica. Insomma: sulla carta ogni città di almeno quindicimila abitanti ha almeno un paio di chitarristi tecnicamente superiori a lui. Ma… ma c’è un ma, e chi suona con un po’ di modestia e saggezza lo sa benissimo: fatele voi quelle quattro note, così, come le fa Lucille, se ne siete capaci… E ovviamente Lucille è la sua Gibson, e non si dovrebbe neppure dire. La sua vera compagna d’una vita. Molte le mogli e le donne, ma l’unica vera è Lucille, molti anche i figli e le figlie, ma l’unica vera, anche qui, è lei: Lucille.
Il suono di BB King non è il suono del Blues, è “un” suono di Blues. Se dovessi dire chi ha incarnato in pieno la vera anima del blues… beh… direi senza alcun timore John Lee Hooker. BB troppo spesso sconfina nel Soul, non di rado in altri generi e qualche volta qualche fuga è stata giustamente accusata di eccesso di “easy” (dischi come “Six Silver Strings” sono, francamente, trascurabili). Ma BB ha senz’altro segnato un’epoca e un sound. Ha fatto scuola per un’infinità di chitarristi e di musicisti in genere, portandosi in giro come un vero missionario della Musica Nera. Chi l’ha visto dal vivo, soprattutto quand’era veramente in forma (l’ultima volta che l’ho visto tenere il palco per oltre due ore, con un teatro che ha ballato dalla prima all’ultima nota, neanche si fosse ad Harlem, è stato nel 1995 allo Smeraldo di Milano) sa quale energia passasse dal palco al pubblico, non appena lui saliva, pesante e leggerissimo, sempre sorridente, e infilava il cavo nell’amplificatore facendo un “tuono” non professionale, come facciamo tutti noi nelle nostre cantine, con gli amici. E come quella Gibson, all’apparenza lievemente distorta ma dal suono in realtà fulmineo e riconoscibilissimo, diventasse cantabile ma mai noiosa, già dal secondo/terzo assolo.
Davvero: ricordo la gente, in preda ad entusiastici deliri, che a un certo punto cantava persino gli assoli. E in quella circostanza, a Milano, c’era il gruppo che lo seguiva da tempo e che l’avrebbe seguito ancora per molto (qualcuno c’è di sicuro ancora oggi). Mentre in questo disco abbiamo un’orchestra dall’improbabile nome sigarettofilo, ma che ha un invidiabilissimo “tiro” ed alcuni pezzi da 90 (Plas Johnson al sax tenore, il leader Jene Harris, il chitarrista Kenny Burrell) che segnano bene, ma senza alcuna invadenza, il sound originale. Ed ecco, allora, delle versioni veramente memorabili di alcuni classici vicini e lontani (era il 1990), a partire da quella “When Love Comes To Town” originariamente eseguita con gli U2 su “Rattle And Hum”, ma qui accelerata a renderla oltremodo “soul” e sicuramente un perfetto brano d’apertura, per arrivare alle immancabili “Sweet Sixteen”, “The Thrill Is Gone” e “Guess Who” (quest’ultima nella versione in assoluto migliore di tutta la sua discografia).
Disco tutto sommato breve, singolo e non doppio…insomma: uno di quei live che dai ’90 in poi non si sarebbero più visti (salvo rarissime eccezioni). Una perla assoluta e perfetta, che fotografa un monumento alla musica nera del novecento all’apice della forma e della maturità vocale e strumentale. Un disco da avere, perché benchè sia costituito da doppioni, triploni e tutto quel che volete, suona fresco e nuovo come se ogni brano fosse composto il giorno prima ed eseguito per la prima volta. Il disco di un grande vecchio, incredibilmente giovane.
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