Nel 1998 un simpatico vecchietto che risponde al nome Melvin Gasperone chiude la sua rimessa di auto. Questo gli consentirà di andarsene un po' in giro per gli Stati Uniti a suonare del Blues. La sua vera passione. Lo ritroveremo in un gruppo chiamato The Louisiana Gator Boys, con il quale parteciperà ad un concorso musicale alquanto particolare. In quel gruppo figurava (ma non solo lui...) anche Eric Clapton, uno che ne ha viste tante, ma propio tante.

Signor Gasperone: "Eric, pronto a registrare un disco con me?"

Eric: "perchè no?".

Questa richiesta è frutto della parafrasi di un'altra simile proposta avanzata dal signor Gasperone a Slowhand, a conclusione di quella battaglia particolare. Quando si parla del signor Gasperone, simpatico personaggio di Blues Brothers 2000, ovviamente si parla senza ombra di dubbio dell'ultima, grande, figura leggendaria del Blues. Colui che a 84 anni ne incarna ancora lo spirito in maniera profonda. Si parla del Ragazzo del Blues divenuto ormai Re, ovvero il solo uomo di Lucille. B.B. King. Cercare di parlare e di mettere a fuoco le vite e le carriere di B.B. King e di Eric Clapton significherebbe avventurarsi in un entusiasmante viaggio. Due giganti nel vero senso della parola, dai percorsi simili ma allo stesso tempo molto, molto diversi, i quali decideranno di dare il loro personalissimo welcome al nuovo  millennio con questo interessante disco certamente non figlio der dumila. Disco dal forte sapore di JD affogato in una bionda schiumosa. Americano, molto americano. Del resto Clapton si è sganciato molto presto dai tipico accento Blues della natìa Inghilterra, a favore di quello statunitense. La vita musicale di Clapton è stata segnata profondamente dal Blues americano nella sua espressione rurale, e lui ne ha sempre parlato in modo scientifico oserei dire, del Blues. Questo percezione mi ha sempre dato l'idea che con Clapton, siamo al cospetto del chitarrista inglese più americano; restando nei confini del vecchio Blues ovviamente. Clapton, prima di saperlo suonare, è un grandissimo cultore del Blues, ma paradossalmente lo ha abbandonato spesso e volentieri nel corso della sua carriera, favorendo altri suoi percorsi e allungandoli all'occorenza con la musica del diavolo. Eric Clapton è stato, per certi versi, il Pino Daniele d'oltre Manica.

Ok, una lussuosa e luccicante decappotabile nera prende a bordo Clapton, la sua Strato, King e Lucille. I quattro sono splendidamente in tiro e visibilmente soddisfatti. Slowhand sferra un giro di chiave, si illumina il quadro, si accende il motore e partono alla volta di una America che non c'è più. O se c'è ancora è per pochi, pochissimi. Ogni tappa vedrà un pugno di amici al fianco dei due, compagni di Jam nelle notti americane. Due di questi amici, Jimmie Vaughan e Doyle Bramhall II, arrivano direttemante dal vecchio giro di Stevie Ray Vaughan, chitarrista molto amato e rispettato sia da Blues Boy che da Clapton. Furono propio King e Clapton a dare la spinta di cambiare vita a Vaughan. Il primo con delle sincere paternali, il secondo con il consiglio di una clinica specilizzata in cui lui stesso venne rimesso a nuovo.

Atmosfera dai profumi old ed eleganti regnano nel disco, fin dal trascinante riff iniziale di "Riding With The King" di John Hiatt, spettacolare e sincera espressione di quella America dei Songwriters, animata dal Rock, dal Soul, dal Blues e da quanto di buono offre la musica dei neri americani. Elementi mescolati da due stregoni come Clapton e King, garantiscono un risultato certo. Ridendo e scherzando il giovane Doyle Bramhall II è autore di due brani, molto ma molto interessanti, dai forti accenti funky e Blues dal sapore urbano e notturno come in "Marry You", e Classic Rock come in "I Wanna Be", in cui è presente nelle vesti di co-autore un altro ragazzotto della musica texana, ovvero Charlie Sexton. Un album così ricco e variegato presenta varie espressioni diverse della musica americana, ma dalle radici comuni. Evoluzioni che hanno permesso King e Clapton di farsi portavoce di un discorso sentito e sincero. Slow Blues dall'anima profonda come "Worried Life Blues", come "Three O'Clock" di B.B. King, come vecchi Folk Blues alla "Key to the Highway" di Big Broonzy riescono a convergere in modo naturale con i pezzi dal mood più moderno, come quelli di Bramhall citati in precedenza.

Come a dire: "benvenuti nel nuovo millennio. Non sappiano quante e quali incognite di varia natura ci presenteranno questo nuovo millennio e questo nuovo secolo; ma noi siamo quì e non abbiamo intenzione di mollare. Vi offriamo senza pretese questo disco, e se cercate la sicurezza dalla vostra musica preferita noi, B.B. King ed Eric Clapton, due nomi una garanzia, ve la offriamo."

 4.5

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